“Il Bel Paese”… L’imperiosa cresta ovest del Corvo autunnale.

Tutti sappiamo che l’espressione “Bel Paese” indica l’Italia. Essa ricorre spesso sui giornali e non raramente viene usata anche in maniera ironica, quando viene associata a qualcosa di molto brutto che accade dalle nostre parti. Pochi sanno che questa espressione l’ha inventata Dante che conosceva e ammirava i panorami e le città ricche di storia e di arte. Negli ultimi Canti dell’Inferno il Sommo inserisce diversi dannati  (Bruto che tradì Giulio Cesare, Giuda che tradì Gesù, il conte Ugolino) tra cui Ruggieri degli Ubaldini il quale aveva tradito la parte Ghibellina per far trionfare a Pisa i Guelfi. Infatti Pisa, in quell’occasione, fu la vergogna d’Italia (C. XXXIII, V 78-80

“… Ahi Pisa, vituperio de le genti 
del bel paese là dove ’l sì suona, 
poi che i vicini a te punir son lenti,..”  

Ma l’espressione Dantesca ha percorso anche altre strade.  E’ stata ripresa da Francesco Petrarca (primo poeta alpinista) in un sonetto (CXLVI) nel quale l’Italia è descritta come “il Bel Paese / che Appennin parte e’l mar circonda e l’Alpe…” Anche il naturalista  patriota comasco  Antonio Stoppani  utilizzò il nome “Il Bel Paese” a un suo libro (1876). Nel 1906 un produttore di formaggi lombardi  dette  furbescamente il nome a un tipico formaggio molle, la cui etichetta recava la carta geografica d’Italia e il ritratto di Stoppani.  Tutti sappiamo chi è: “Galbani vuol dire fiducia”.

Visibile il Lago di Campotosto

Estate e inverno

Il Malecupo

Monte Corvo: la Vetta 2623slm

L’antico stazzo di Solagne

Il bosco del Chiarino

Il Villaggio degli Arcari.
I Naturali che da tempo immemorabile avevano avviato una fiorente e redditizia attività di lavorazione del legno che tonificava l’economia del villaggio.  Nella relazione annuale che il segretario della Camera di Commercio Aquilana era obbligato ad inviare al governo, relativamente all’anno 1876 si legge: “col faggio si fanno seggiole, tavolinetti banchi a schiena ed arche diverse e coloro che se ne occupano son detti  “Arcari”.  Questi oggetti di molto poco costo, solidi a tutto legno, fino nei chiodi  sono di uso estesissimo in provincia tra le classi meno agiate e povere; mentre le arche per riporvi cereali e civaie si trovano ancora nelle famiglie di ogni ceto e condizione. Sono del faggio il più gentile,  costruite con tanta precisione da potervi ammassare anche il pane  e le tavole son tirate tutte a spacco senza adoperarvi la sega.  (Dal prezioso volume “Chiarino” di A. Clementi e B. Osella).

Il torrente del Chiarino

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