La sicurezza sui due piedi, importanti per il risultato di un’impresa, determinanti per la tranquillità degli alpinisti: le scarpe.
Gli scarponi dei pionieri dell’alpinismo erano come le migliori calzature dei montanari. Di ottimo cuoio, resi flessibili dall’uso e dall’impiego del grasso impermeabilizzante, con suole robuste ma non rigide. Per renderli stabili sulla neve e sul ghiaccio si ricorreva alla chiodatura delle suole. Prima di partire per il Monviso nell’agosto del 1963, Quintino Sella si preoccupò di “armare” le suole delle proprie calzature di “convenienti chiodi”. Certo i suoi scarponi non erano sofisticati come quelli del nipote Vittorio, il celebre fotografo, che per la spedizione al K2, nel 1909, se ne fece confezionare un paio davvero speciali, con uno strato di sottile pelliccia tra tomaia e fodera interna e con le suole munite di chiodi non passanti, per migliorarne la termicità. Ma la salita del Monviso apparteneva alla stagione dei pionieri, ed era logico che nei decenni successivi le calzature migliorassero.
L’evoluzione successiva dello scarpone da montagna nacque dopo un dramma alpinistico. Nel 1935, nel corso di una gita sociale della S.E.M. (Società Escursionisti Milanesi del Club Alpino Italiano) alla cresta SUD-OVEST della Punta Rasica, nel gruppo dell’Albigna, l’accademico milanese Vitale Bramani vide morire per assideramento sei giovani alpinisti sorpresi dalla bufera. Tutti, secondo la moda del tempo, calzavano le pedule. Scosso dall’accaduto, Bramani si mise in testa di realizzare una calzatura migliore. Uno scarpone più pesante con la suola gommata, capace di unire la stabilità dei chiodi con il grip delle pedule. Favorito dalla conoscenza della famiglia Pirelli, decise di giocare la carta della gomma vulcanizzata. Si fece preparare una mescola tecnica e inventò una suola innovativa, che battezzò “carrarmato”. Poi la portò in montagna e la provò assieme agli amici. Era il 1936, e i test diedero buoni risultati (chissà cosa ne pensavano i Pirelli….). Nel 1937, in cordata con Ettore Castiglioni, Bramani collaudò le nuove suole aprendo una via sul versante NORD del Pizzo Badile, Di lì a poco nacque il marchio Vibram, coniato usando parte delle sue iniziali (“Vi”tale “Bram”ani). Nel 1947, nel primo stabilimento di Gallarate, cominciò la produzione del “carrarmato” di gomma. Ma il colpaccio Bramani lo fece otto anni più tardi, quando riuscì a calzare i componenti della spedizione Italiana al K2 con le suole marchiate dall’ottagono giallo. In breve la suola in gomma scolpita divenne una vera e propria icona, accoppiata a scarponi di tutti i tipi. Doppi per le scalate invernali e l’Himalaya (negli anni ’80 si sostituì la tomaia in cuoio con la plastica), più o meno pesanti per le ascensioni alpine, molto più leggere per le arrampicate dolomitiche e falesie.