Nell’ultima decade del mese di ottobre del 1958, nei giorni in cui a Roma il conclave riunito dopo la morte di Pio XII eleggeva il Papa Giovanni XXIII, sul monte Camicia si consumava un dramma funesto per tre giovani tecnici minerari dell’Agip: Dario Bellincioni, Alberto Sanguinetti e Carlo Iannozzi, investiti da una violenta bufera di neve, dopo che uno di loro era rimasto gravemente ferito, persero la vita e i corpi furono ritrovati dopo quattro giorni di difficili ricerche. I soci della Sezione di Penne del CAI furono i primi a partecipare alle operazioni di soccorso. Per aiutarci a capire in che zona furono concentrate le ricerche, è bene sapere che il monte Camicia (2564 m) è una vetta facente parte del massiccio del Gran Sasso nella sua parte Sud-Est. Dalla cima verso Ovest si può osservare Campo Imperatore e tutte le altre cime del Gran Sasso, mentre a Nord la parete precipita per oltre 1200 metri sulle colline teramane. La caratteristica di questa montagna è la diversità dei due versanti, quello meridionale arrotondato ed erboso, roccioso ed aspro quello settentrionale. La cima si raggiunge facilmente dal versante ovest di Campo Imperatore tramite non difficili percorsi, mentre la parete Nord, da qualcuno soprannominata l’”Eiger dell’Appennino”, è meta ambita da numerosi ed esperti rocciatori provenienti da tutta Italia. Chiude la parete di questo versante il famoso e ben noto “Dente del Lupo”.
Questo incidente ebbe eco nazionale e dette l’impulso finale per far nascere il Soccorso Alpino nell’Italia Centrale. Infatti alle ricerche, come già scritto, durarono quattro giorni, parteciparono, oltre al nutrito gruppo della Sezione dell’Aquila del CAI, numerosi volontari provenienti dai centri montani adiacenti, corpi militari ed una squadra dei Scoiattoli di Cortina. I corpi dei tre sventurati furono ritrovati il 24 ottobre. L’AGIP, oltre al ringraziamento del suo Presidente Enrico Mattei, simboleggiato dalla medaglia della protettrice S. Barbara, devolve la somma di £ 300.000, alla Sezione dell’Aquila del CAI, quale tangibile riconoscimento per l’opera prestata. Tra i componenti il gruppo dei soccorritori nacque una polemica sui criteri di utilizzazione della somma; essa infine venne destinata, quale parziale rimborso, ai soccorritori del CAI che perdevano la giornata di lavoro. Seguirono subito i riconoscimenti delle autorità locali e l’autorizzazione ufficiale ad istituire la Stazione di soccorso oltre a vaghe promesse di futuri aiuti finanziari. Il 1° gennaio 1960 viene ufficialmente costituita la Stazione di Soccorso Alpino dell’Aquila, di cui viene nominato capostazione Nestore Nanni che rappresentò, negli anni successivi, la stazione di riferimento per l’Italia Centrale. Purtroppo, mentre racconto questo drammatico episodio, la Delegazione Regionale del Soccorso Alpino, l’estate scorsa, è stata trasferita a Pescara: città di mare.
Testo della motivazione che accompagnò la proposta del Prefetto dell’Aquila per la ricompensa al valore civile ai geologi morti sul Gran Sasso nell’ottobre 1958.
“Mentre la decima squadra ricerche geologiche dell’Agip Mineraria, il giorno 21 ottobre 1958, effettuava una escursione per i rilievi geologici sul massiccio del Gran Sasso d’Italia –Monte Camicia- uno dei componenti la squadra, perito minerario Carlo Iannozzi da Pizzoli (L’Aquila), precipitava in un burrone sul versante orientale ferendosi gravemente ed entrando in coma per la frattura della base cranica. Nonostante l’inclemenza del tempo, l’ora tarda, le enormi difficoltà del terreno impervio, il Dr Dario Bellincioni da Pisa e il Dr Alberto Sanguinetti da Ravenna, con sforzo sovrumano soccorrevano e trasportavano il compagno ferito per almeno cinque ore di faticosissima marcia in luogo più sicuro sul versante occidentale e qui lo sistemavano in un rifugio improvvisato per poi correre a chiedere aiuto. Sopraffatti dal dolore, dalla fatica sostenuta e dal freddo intenso della notte, perdevano la vita per assideramento in un supremo slancio di solidarietà umana cadendo a poche decine di metri dal compagno già morto. Fulgido esempio di eroismo, di fraternità e di dedizione al dovere al di sopra della propria vita”. http://www.gelsumino.it/1958.pdf