La concezione di terrazzo è per noi tutti quella porzione scoperta di una casa dove si ha l’impressione di uscire dal palazzo. Si ha l’impressione di vedere il cielo più grande rispetto a quello di un appartamento che ha solo finestre dalle quali si può comporre il cielo come un puzzle. Sul dizionario la definizione di terrazzo è questa: “una superfice scoperta, ma anche parzialmente coperta, che si apre in corrispondenza del piano dell’abitazione. E’ dotato, in genere, di una ringhiera o un parapetto di protezione e vi si accede tramite una o più porte direttamente dalla casa. Un suo sinonimo è balcone”. Per noi scalatori il “terrazzo” ha un altro significato. Per esempio sul terrazzo delle case “si esce”…, mentre su una parete d’arrampicata, sul terrazzo “si giunge”, o addirittura “si approda”, come fosse per un marinaio, un isolotto benedetto nel bel mezzo della tempesta. Perché agli alpinisti il terrazzo offre protezione, possibilità di ristoro, di sosta, infatti quando si arrampica il terrazzo non è “il fuori”, ma è “casa”, è “rifugio”, è il “porto”. Sul “terrazzo” gli alpinisti si riposano, a volte, se ampio, ci si dorme, si consumano i pochi alimenti a disposizione, si chiacchiera, si confidano segreti che rimangono nel nostro cuore, nell’attesa che la notte passi. Ovviamente questi “terrazzi” non hanno né ringhiere, né parapetti, sono giusto dei ripiani orizzontali dove molte volte i piedi rimangono penzoloni nel vuoto. Alcuni profondi pochi centimetri quanto basta per starci in piedi dritti, dritti: altri così estesi da poterli condividere con i camosci in transito, ognuno nel rispetto degli spazi altrui. Proprio i camosci utilizzano al meglio questi “terrazzi” per brucare quella poca erba presente in questi posti ostili, o meglio ancora, come “finestra” di avvistamento e di controllo.
La nostra “terrazza” più famosa è la “Coppitana”, sormontata dallo storico ed elegante Torrione intitolato al Grande e sventurato Alpinista: Mario Cambi, mentre in basso c’è il precipizio rivolto verso l’agonizzante Ghiacciaio del Calderone che un tempo lambiva questa terrazza. La cosa fantastica di questa “balconata”, vista la sua “comodità”, ci si potrebbero allineare anche dei “letti a castello”.
Nel corso degli anni tante storie sono state raccontate sul perchè questo terrazzo fosse stato denominato: “La Coppitana”, qualcuno avanzando delle ipotesi più fantasiose, qualcun altro rivendicandone la paternità. Oggi, grazie al breve racconto fattomi da Francesco Speranza, uno dei soci più longevi della Sezione Aquilana del CAI, siamo in grado di conoscere la verità.
Negli anni cinquanta del secolo scorso, la Sezione Aquilana del CAI dava mandato a soci e simpatizzanti, quelli più volenterosi, ognuno per le proprie capacità e competenze, di realizzare e tracciare i sentieri escursionistici nonché alpinistici sulle nostre montagne. Tale attività avrebbe permesso poi di pubblicare una carta topografica a uso della collettività, con l’indicazione di tempi di percorrenza, dislivelli, difficoltà degli itinerari, note storiche, ecc .
Negli anni 1956 – 1957 Francesco Speranza e Vittorio Agnelli, classe 1925, soci molto attivi della predetta Sezione, furono incaricati di segnare il sentiero alpinistico che corre dalla Comba del Bivacco Bafile, attraversa il terrazzo e, passando per la Forchetta Gualerzi, raggiunge la Vetta Centrale del Corno Grande. Nel momento in cui i due alpinisti si trovarono sulla nota balconata, basandosi su alcuni elementi che andremo a raccontare, la battezzarono: “Via della Coppitana”.
A quel tempo esistevano ancora le case chiuse, laddove si esercitava la prostituzione in forma “organizzata”. Contemporaneamente a L’Aquila c’erano tre Signore di facili costumi, i cui nomi o pseudonimi conosciuti erano: Valeria, Ferro Filato e la Coppitana. Queste tre donne non appartenevano al circuito dei bordelli, ma svolgevano la medesima professione liberamente. Alle prime due, Valeria e Ferro Filato, erano già state intitolate vie sul Gran Sasso, mentre rimaneva “libera” la Coppitana: dunque, di comune accordo, Francesco e Vittorio le fecero questa simpatica dedica.
Per dovere di cronaca: la “Valeria” è una via di arrampicata sul Corno Piccolo, mentre per “Ferro Filato” la dedica riguardava una via ferrata sul Gruppo del Gran Sasso non meglio precisata.
Mi torna alla mente la salita dell’orrida parete Nord dell’Eiger, del 16 novembre 2015 quando il Fortissimo Alpinista Ueli Stech stregò il mondo intero, non solo quello alpinistico, realizzando l’ascensione con l’astronomico tempo di 2 ore e 22’. La scalata, con pochissime protezioni, di un interminabile muro di misto, tetro ed angusto, una delle pareti più impressionanti e celebri del pianeta. Chissà, se in questa fantastica impresa, il “marziano” ha avuto il tempo di “sostare” su qualche esile “terrazzo”…