Il nome di questa vetta celebra un’amicizia, quella tra il teramano Bruno Marsili, medico condotto di Pietracamela, e l’aquilano Mimì D’Armi, uno dei più grandi alpinisti aquilani, che il 29 luglio 1932 la salirono insieme la prima volta.
Due anni dopo, in una memorabile ascesa che ha fatto la storia dell’alpinismo del Gran Sasso, questa vetta consacra un altro sodalizio quello tra Giusto Gervasutti, meglio conosciuto come Il Fortissimo e Aldo Bonacossa, che il 2 ottobre 1934 superando lo sperone sud della Punta dei Due e scrivono sulla relazione “difficoltà 5° grado, al terzo chiodo un passaggio di 6°”
Queste guglie del versante Sud del Corno Piccolo, trascurate dai primi grandi pionieri del Gran Sasso, sono state la grande passione di Bruno Marsili che infine, con una geniale intuizione, le volle chiamare “Le Fiamme di Pietra”. È sua anche la l’intitolazione dell’altro bellissimo torrione delle Fiamme di Pietra, il Campanile Livia. Nella prima salita del 23 agosto 1943 l’aveva intitolata “Punta Bianca”, poi l’anno successivo mentre era a L’Aquila per il sevizio militare conobbe Andrea Bafile e così decisero di ripetere la salita per intitolare la vetta alla giovane alpinista romana Livia Garbrecht morta sul Torrione Cambi l’anno precedente, il 27 giugno 1943 (sull’alpinista ha scritto un libro Paolo Stern 2020). Erano anni di guerra, da mesi non si arrampicava, finché il 10 ottobre 1944, i due si incontrarono a Sella dei due Corni, Marsili essendo in licenza, era partito da Pietracamela, e la salita cementò un’altra amicizia. Forse fu anche un passaggio di testimone del più anziano Bruno Marsili (1908-2006)) al più giovane Bafile (1923-2009) che poi diventerà il maggiore protagonista delle fiamme di Pietra almeno fino a di Pasquale Iannetti.
Ovviamente niente di tutto questo, in cui i protagonisti sono dei grandissimi, ha a che fare con la mia semplice ma mai assopita volontà di salire con Paolo su questa vetta. Punta dei Due è stata la prima ascesa veramente alpinistica guidata da me e salita con l’aiuto delle corde. Paolo non mi ha insegnato le tecniche dell’arrampicata, che aimé ho sperimentato da autodidatta, ma mi ha formato al rigore assolutamente necessario nell’affrontare l’alpinismo, una disciplina diversa dall’escursionismo che invece pratico da quasi mezzo secolo.
Guidare una cordata con un maestro su una via per me impegnativa è stato un onore e un grande piacere. Grazie Paolo.