Pachamama, significa in lingua Quechua “Madre Terra”. Si tratta di una divinità venerata dagli Inca e da altri popoli abitanti l’altipiano andino, quali gli Aymara e i Quechua. È la grande dea madre, dea della terra, dell’agricoltura e della fertilità. Da noi molto più comunemente viene chiamato: “Ometto di Pietra”, quello che si trova in montagna, presenza assolutamente gradita, segnavia prezioso, specialmente in caso di nebbia, sinonimo di un certo altruismo di base che ben dispone verso l’umanità. Perché chiunque frequenti l’alta quota sarà capitato di perdere il sentiero, e poi magari di ritrovarlo, dopo varie tribolazioni, proprio grazie a un ometto. Si prova una certa emozione nel vedere questi umili mucchietti di pietre che ti tranquillizzano, ti rasserenano, dopo aver girovagato per ritrovare la via maestra. In effetti, chi sono quelli che erigono queste rudimentali piramidi di pietre che ci aiutano “tanto” nelle nostre escursioni? Sono solo comuni persone, degli “ometti” in carne ed ossa, per i quali la parola “ometto” diventa puramente vezzeggiativa, che senza chiedere nulla in cambio, senza voler apparire, decidono di compiere un gesto di generosità. Uno di quei gesti per nulla rari in montagna: ci siamo mai chiesti, quando andiamo per esempio ad arrampicare in falesia, chi sono le persone che hanno ripulito, attrezzato, e manutenuto la parete per permettere a noi di divertirci? Senza pagare nulla? Senza doverci preoccupare di niente? Oppure chi sono quelli che tengono puliti i sentieri, o li tracciano? O coloro che riforniscono di coperte, legna, zucchero, ed altri viveri di conforto certi bivacchi d’alta quota per farci dormire al caldo e poi farci svegliare con una bevanda che scaldi? Sono sempre loro, bravi “ometti”, persone normali, potenzialmente come ognuno di noi, a cui non interessa passare per “grandi” ma dalla grande convinzione che la gentilezza chiami ulteriore gentilezza, come dire: l’esempio.
Questo ci porta anche a rivedere la definizione sul dizionario: “Ometto”, s.m. “persona avvezza ad atti di generosità gratuita, che rifugge il clamore, il cui simbolo di riferimento è una piramide di sassi, di nessun valore intrinseco ma dalla nobile utilità”.
Tutto questo lo potremmo trasferire anche nelle nostre città.