Riuscire ad individuare un tracciato per salire su una montagna è sicuramente il desiderio recondito per gli escursionisti, alpinisti o per chi ama e vuole valorizzare il nostro territorio, specialmente quando il sentiero inizia direttamente dall’abitato. Un tempo questa attività era una prerogativa della pastorizia, una delle principali fonti di reddito della nostra terra, dove i pastori si inerpicavano sui dirupi più impervi per trovare l’erba sempre più fresca. Poi c’è stata l’epoca delle Sezioni del Club Alpino Italiano che hanno tracciato una rete sentieristica di inestimabile valore. Oggi tutto questo versa in un totale abbandono… Eppure, ognuno per le proprie competenze, abbiamo il dovere di promuovere e garantire queste piccole infrastrutture a beneficio delle generazioni che verranno, laddove le amministrazioni sono completamente assenti, arroccate nelle loro stanze del potere che non portano avanti progetti lungimiranti a beneficio dei nostri figli, quant’anche per i nostri nipoti; si “attivano” solo per qualche piccolo consenso elettorale per poi essere proiettati alla elezione del quinquennio successivo. Oggi, come non mai, abbiamo il dovere di consegnare queste “comodità” alle generazioni che verranno, sarebbe l’impegno che un’amministrazione pubblica deve assumersi, cioè la responsabilità di custodire e salvaguardare la “casa comune”. E’ la sola cosa che abbiamo.
Con Igor Antonelli e la preziosa collaborazione di Roberto Salsa, per la parte cartellonistica, abbiamo riaperto un antico sentiero che dal paese di San Felice d’Ocre percorre tutta la Catena dei Monti Bagno e il collegamento con alcuni paesi del circondario: San Martino d’Ocre, Rocca di Cambio, Casamaina, Lucoli, Roio, Campo Felice, ecc. Con questa piccola opera alpestre proveremo ad indicare la via con la speranza di sollevare qualche interesse anche nelle amministrazioni pubbliche più refrattarie.
Il tracciato si snoda per l’intera fascia rocciosa e dirupata con esposizione a nord della Catena, conquistando tre vette al di sopra dei duemila metri, a vantaggio dei collezionisti “over 2000”, con una scoperta archeologica, nella parte finale, di inestimabile valore: ma ne parleremo più avanti.
Si parte con un facile sentiero che costeggia le mura perimetrali del Centro di Ritiri e di Studi Religiosi, fondato da Josemaria Escrivà de Balaguer nel 1975, già oggetto di precedenti articoli, per arrivare ad una bellissima fontana antica denominata “Fonte Maola”, Capirigo per i naturali, caratterizzata da un getto d’acqua potentissimo. Si prosegue su una carrareccia fino ad arrivare ad un’altra fonte “Fussole” a confine tra i comuni di Ocre e L’Aquila, posta a quota 1111slm. Un marcato sentiero sottobosco a macchia mediterranea conduce a Capo le Prata, dove termina il tratto boscoso, per poi proseguire su un’altra ampia carrareccia si arriva al Rifugio Malequagliata, a 1444 metri di quota. Oggi questo manufatto, dopo tante peripezie burocratiche, è gestito dalla Polisportiva di San Martino d’Ocre: evviva! Una fonte posta nei pressi del Rifugio ci obbliga ad “imbarcare” molta acqua necessaria per tutto il resto dell’itinerario. Sempre su mulattiera si conquista un piccolo altopiano denominato l’Acquazzese dove, negli anni ’70, fu impiantato il “famoso” “frutteto d’alta quota” con la prerogativa di una eventuale reintroduzione dell’orso, con al centro un altro rifugio di proprietà dell’ex Corpo Forestale dello Stato. A questo punto si abbandona la strada sterrata per imboccare un sentiero che passa sotto un bosco di lussureggianti larici, unica conifera a perdere gli aghi, anch’esso impiantato dall’allora Forestale, fino a conquistare “Il Muraglione”, una grande opera costruita nel 1838 dal Comune di Ocre per delimitare il territorio comunale da quello di Rocca di Cambio. Questa importante muro ha avuto una duplice funzione: la prima, come già detto, di confine; la seconda, sono stati resi coltivabili i terreni adiacenti sui quali, attraverso lo spietramento, è stata operata una sostanziale bonifica. Da questa posizione la vista appaga i nostri occhi ma lascia spazio a guardare gli immensi contrafforti del Cagno che dobbiamo risalire per conquistare il primo duemila di giornata. Saranno ca 400 metri di dislivello su un ripido crestone con due passaggi valutabili intorno al III+, se si vuole evitabili, ma la nostra determinazione è tale che la conquista di Monte Cagno avverrà in maniera integrale. Infatti dopo h 2,04’ dalla partenza da San Felice siamo sulla vetta del Cagno, a q 2153slm (non si hanno notizie certe sul primo salitore e forse non è stato mai individuato. Una bella montagna, dalla caratteristica forma piramidale, detta anche anticamente “Roccacagno” dagli abitanti del vicino paese di Rocca di Cambio). A questo punto ci attende un’ampia cresta, corribile, attraverso la quale raggiungiamo la rinnovata e sobria croce di vetta di Monte Ocre, che, con i suoi 2208 di altitudine, è l’elevazione più alta della Catena. (Il nome Ocre è un relitto -quasi un fossile- di arcaici dialetti indigeni equivalente a “monte roccioso”. Di qui i paesi sottostanti hanno preso il nome del monte che li sovrasta. Inoltre sui canali più incassati di questa montagna un tempo vi erano anche delle neviere: -dal libro “La Baiarda” di Igino Di Marco: “E’ qui che, in certe anfrattuosità esposte a tutto nord, permangono, a volte, piccole vedrette anche in piena estate. I nativi, anticamente, vi andavano a prendere la neve per i malati”-). Un crinale in leggera discesa ci conduce alla cima dei Monti di Bagno (2073slm), terzo ed ultimo duemila di giornata. Una ripida discesa, attraverso Vallemara, ci conduce al Passo di Vallefredda dove veniamo rapiti dall’immagine di numerosi resti monumentali di pietre squadrate, poste a quota 1868slm: la sorpresa di giornata. (Dalle lacunose informazioni ricevute a valle si sa che sono miseri mozziconi a conci grandi, uniti con legante, il che porta ad escludere che si tratti di una costruzione pastorale, ma di una presunta grancia, meglio conosciuta dalle persone anziane del vicino paese di Lucoli, come “Santo Jaco”. Inoltre, analizzando la mappa satellitare si intravede anche un perimetro esterno alle “mura”, con ogni probabilità dovevano essere “I Mandroni”, come nella più nota Grancia Cistercense di Santa Maria del Monte di Paganica). Una discesa ripida e tecnica, passando per il Mele Passo, l’ultima fatica di giornata, ci riconduce alla fonte delle Fussole dove il comodo sentiero ci riporta all’abitato di San Felice d’Ocre.
Un ringraziamento particolare va’ all’Amico Mauro, triathleta, che mi ha accompagnato e sostenuto in questo itinerario fantastico.
Sviluppo 1504+ 1504- km 19,760, difficoltà PD- (valutazione originaria, per i passaggi di III+, facoltativi , tempo di percorrenza h 3,40’51”