Oltre la leggenda…

Il Grande Alpinista e Amico Carlo Leone, negli ultimi giorni della sua vita terrena mi volle confidare un segreto trasportato e depositato all’interno dell’antico Rifugio Franchetti detto: “Il Buco”, o meglio per gli Aquilani  che lo hanno costruito: “Ju“Rifuggittu”.

Oggi con l’Amico Mauro Marcocci abbiamo verificato che ciò che mi aveva confidato Carlo corrisponde a verità…

La storia:   A metà del ‘900, quando l’alpinismo sul Gran Sasso cominciava l’era del 5° alcuni scalatori, pensarono di costruire un riparo nel cuore del Massiccio. Era il 1949 e il Franchetti, la cui costruzione iniziò nel ’58, non esisteva ancora. Occorreva un punto di appoggio per gli alpinisti tra il Corno Grande e il Corno Piccolo , scelsero il ripido pendio morenico che sale verso il ghiacciaio del Calderone a q.2600ca, sotto due grossi massi, un po’ scomodi da raggiungere, costruirono un rudimentale bivacco e subito gli alpinisti lo battezzarono: “Il Buco” oppure “Ju rifuggittu” e non “Ju Busciu”, come si sta diffondendo erroneamente il nome in questi ultimi anni.

Il piccolo rifugio sotto la morena dell’apparato glaciale del Calderone, nacque da un’idea di Andrea Bafile (junior), nipote del Comandante A. Bafile (M.d.V.M.) e fu realizzato nell’estate del 1949, dopo aver acquistato il terreno dal Comune di Pietracamela, con la collaborazione di alcuni valorosi Alpinisti denominati “I Negri del Gran Sasso”: un grande masso a sbalzo dalla morena fu chiuso nel perimetro aperto, con pietre a secco disponibili in loco a mo’ dei ricoveri pastorali rupestri, integrandosi nel paesaggio dell’alta montagna. Il manufatto era un’ottima base per le arrampicate sulle vette circostanti, veniva utilizzato anche per le sciate estive sul Ghiacciaio del Calderone, addirittura per la risalita veniva utilizzata una piccola sciovia smontabile, che per l’epoca era considerata una cosa avveniristica. Nel piccolo rifugio furono realizzati una cucina e uno spazio per dormire, con attrezzature e materiali che venivano portati a spalla da “I Negri”, partendo a piedi da Pietracamela. La qualifica di “Negro”, coniata da Pino Zac, era obbligata per i giovani che iniziavano ad andare in montagna e, “I Negri” del Gran Sasso dettero un contributo determinante per la realizzazione della Via Ferrata “Guido Brizio” e della Via Ferrata della Piccola Parete al Corno Piccolo, detta impropriamente “Danesi” (1): la via fu aperta nel 1926 da Ernesto Sivitilli, Igino Panza, Bruno Marsili e Armando Trentini. Tra l’altro, “I Negri”, nel 1949, collaborarono attivamente con la troupe sul set del film “La Roccia Incantata” che in gran parte fu girato sul Gran Sasso e, nelle scene di arrampicata, le controfigure furono Andrea Bafile e Marcello Vittorini. Tra “I Negri” si ricordano, i giovani, Andrea Bafile, detto “Bieco Negriero”, Paolo Bafile, detto “Giacobbe il Chitarrista” che allietava i compagni con la sua chitarra, Natale Bruno, Achille Lucio Berardi, Giorgio Camerini, Mario Cantalini, Dante Catalani (o), Pepe’ Ciocca, soprannominato “Pepè Pellerossa”, Eugenio Di Francesco, i fratelli Aldo e Fredy Mallucci, Gigino Muzi (Cencio Monti), Luigi Picchioni, Giuseppe Sabatini, Tonino Salerno, detto “Negro Coreano”, i fratelli Bruno e Renato Velletri, Pino Zaccaria (Pino Zac), il Negro Onorario Ettore Capparelli di Amatrice (RI), detto anche “Negro per antonomasia”, i meno giovani Nestore Nanni e Federico Tosti ed altri, molti dei quali sono riconoscibili nei magnifici disegni di Pino Zac (All. foto).

Quasi tutti i lavori:  bonifica sentieri, costruzione ferrate e opere alpine di altro genere, venivano eseguiti prevalentemente nei fine settimana, dal venerdì pomeriggio alla domenica. Andrea Bafile, progettista e organizzatore delle operazioni, rigoroso  nelle decisioni, assumeva quasi sempre, un atteggiamento militare. Basta pensare ai soli pochissimi pasti che erano previsti durante la permanenza in quota, laddove le disposizioni erano le seguenti:  il venerdì non era prevista la cena perché gli Operai Alpinisti avevano pranzato a casa, di conseguenza stavano bene così; il sabato, dopo una giornata di lavoro, alla sera Andrea organizzava una parca cena, mentre la domenica, siccome nel pomeriggio si tornava a casa,  non era previsto nessun pranzo.  Da una testimonianza di Bruno Velletri:  “Andrea Bafile aveva stabilito che il compenso giornaliero elargito a tutti quelli che davano il proprio contributo per i lavori in alta quota, era quantificato in £ 10 giornaliere”. Un sabato mattina, mentre si trasportavano i materiali in quota, già precedentemente depositati  presso “Il Buco”, arrivò  Carlo Leone, giovanissimo ma già affermato Alpinista dell’epoca, persona stimata e conosciuta anche dai “Negri del Gran Sasso”, soprattutto dal “comandante” Bafile, che ammirava in questo Giovanotto le grandi doti di scalatore, nonché quelle di una persona gentile e premurosa, sempre pronta ad aiutare gli altri. Infatti, come Carlo sta per togliersi lo zaino, Andrea, con atteggiamento austero, gli chiese di scendere a Pietracamela per recuperare una bombola di gas, riportando indietro quella vuota. A chiunque tale richiesta sarebbe stata destabilizzante, per il forte dislivello (circa 1600+ 1600-), da compiere da Pietracamela al Buco con una zavorra di ca 15kg,  ma Carlo non esitò un solo istante, partì e nel tardo pomeriggio tornò con quello per il quale era stato comandato, come dire: missione compiuta!  La bombola quel giorno era di vitale importanza, sarebbe servita per preparare la cena del sabato. Nel bel mentre di quel agognato pasto, Carlo improvvisamente tirò fuori dallo zaino un barattolo di vetro contenente dei chicchi di uva bianca, comprata  la mattina presto al mercato di Piazza Duomo in  L’Aquila, presso la bancarella di un noto montanaro: Aconito Economica Cesare. La gioia degli astanti fu incontenibile, d’altra parte l’uva portata a quella quota chi l’avrebbe mai immaginato! Già l’acquisto di quel frutto, di quei tempi era un miraggio, e soprattutto era una leccornia che nessuno se la poteva permettere. Ma Carlo era arrivato da un altro “pianeta” …

https://it.wikiloc.com/percorsi-escursionismo/il-buco-vetta-orientale-rifugio-franchetti-110909184

Il Buco

L’interno del Buco con le scale per guadagnare l’uscita.
Una finestra sul Corno Piccolo


Dalla Ferrata Ricci il nuovo Rifugio Franchetti
Il Paretone


Le quattro piccole macchie affioranti sopravvissute dell’apparato glaciale del Calderone oramai in forte sofferenza.


Il disegno di Pino Zac con le caricature dei “Negri del Gran Sasso”

Ju Rifuggittu in una situazione invernale.
Km 13,030 dislivelli 1123+ 1123- h 4,11′ tempo complessivo h 3,38′ in movimento quota massima raggiunta 2903slm

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