Le Grandi Traversate: “Il Millenario”

L’idea di realizzare questa straordinaria  cavalcata, da ovest a est, lungo tutta la cresta sommitale della Catena del Gran Sasso che si snoda da Monte San Franco  al Camicia, nasce prendendo spunto dalle genti che un tempo percorrevano i principali valichi della Catena, Passo Portella, Vado di Corno, ecc., per lo scambio delle merci, fondamentali per la sopravvivenza di intere popolazioni valligiane.  Sono tante le storie che aleggiano intorno a questi scambi commerciali, a volte costernate da immani tragedie, come quella del 1560  a Passo della Portella dove persero la vita 18 valligiani, a causa di una grossa slavina che si staccò dalla montagna omonima (dalle lacunose informazioni riportate nella relazione di De Marchi del 1573, sembrerebbe fosse il mese di MAGGIO). La nostra idea è stata solo quella di lanciare una sfida a noi stessi, attraverso un itinerario d’alta quota che sfiora i quattromila metri di dislivello positivo,  tremilaottocento negativo, conquistando quattordici vette oltre i duemila metri e con i suoi quarantacinque kilometri di lunghezza pone le basi per un’”escursione” di altissimo livello. Ovviamente da completare  in giornata… Il problema principale era rappresentato dai  rifornimenti in quanto, essendo un percorso di cresta, non vi sono, come è noto, sorgenti per l’approvvigionamento dell’acqua, l’unico punto di ristoro era quello dello “strategico” Rifugio Duca degli Abruzzi, situato, per fortuna, a circa la metà dell’intero percorso. Tuttavia, se nella prima parte si può risparmiare sui rifornimenti, in considerazione del tracciato un po’ più “comodo”, nella seconda parte sono estremamente necessari perchè, oltre alla naturale e fisiologica fatica sopraggiunta,  c’è da  affrontare  quella più tecnica dell’itinerario quale:  l’aereo sentiero alpinistico del “Centenario”. Ma di questo ne parleremo più avanti…

In sostanza è un percorso  che, pur senza brividi del pericolo derivanti dalle severe difficoltà del tracciato, riesce tuttavia a trasmettere forti emozioni per le esposizioni cui si va incontro, ma anche per la varietà dei panorami interni ed esterni al percorso,  laddove si aprono  sia le variopinte colline Teramane con la costa Adriatica che fa da cornice,  sia la lussureggiante conca Aquilana, sia le valli del gruppo montuoso Velino-Sirente fino alle catene che di esso fanno corona, ed in ultimo il panorama sull’immenso altopiano di Campo Imperatore.  Le rocce sulle quali ci si arrampica sono costituite da dolomia del trias superiore, sono completamente frantumate per effetto meccanico, dovuto alla loro fragilità ed al fatto che occupano il nucleo centrale della piega faglia che caratterizza quasi tutta la catena, durante il sollevamento ed il trascinamento verso nord della stessa.      

Per compiere tale impresa mi accordai con due miei amici, Leandro Giannangeli e Raffaele Adiutori, oggi diventati entrambi Guide Alpine, ma già allora molto più giovani di me.  Comunque la squadra era già adusata all’asperità della montagna, confortata soprattutto dalla giovane età, fattore determinante per tutto quello a cui si andava incontro. 

All’alba di una fresca mattina di fine giugno del 1998 veniamo accompagnati sopra al Passo delle Capannelle, precisamente dove sorge la discreta cappellina dedicata a San Vincenzo, proprio sotto le pendici della nostra prima asperità della giornata. La salita per Monte San Franco supera un dislivello di ca. settecento metri e durante il percorso lentamente si scopre la vallata aquilana con i monti che la chiudono sia a sud-ovest che  a nord-est.   Raggiunta la vetta, posta a quota 2152slm  si scopre in tutta la sua solennità Monte Corvo  (m2623)  con il suo inconfondibile Arco Cigliano che precipita sulla Valle del Chiarino. Alle nostre spalle una splendida immagine del lago di Campotosto rapisce il nostro sguardo.  Si prosegue per la Cresta di Rotigliano  dove stagionalmente si forma una pozza d’acqua  denominata: lago di San Franco (Detto lago è stato menzionato anche sul libro di recente pubblicazione: “Processo per i Nove Martiri Aquilani” a firma del Prof Walter Cavalieri. Riporto fedelmente il passo: “… Quella mattina, appena fatto giorno, avrebbero visto dei tedeschi in fila su tre colonne, e il Mascaretti avrebbe sparato per primo. Allora i militari tedeschi avrebbero cominciato il fuoco con i fucili mitragliatori e li avrebbero circondati. Il De Michelis Quirino mi raccontò che era riuscito a fuggire verso il lago di San Franco…”).   Successivamente, in leggera discesa, attraversando il Piano dei Cavallari,  si arriva al Passo del Belvedere (m1789), dove  insistono un paio di manufatti a servizio dei Corpi Militari. Con una salita su  un’ampia cresta  si raggiunge Monte Jenca; 2208slm. Ancora in leggera discesa si arriva al  Piano di Camarda con l’omonimo lago e successivamente una breve salita raggiunge il Pizzo omonimo: 2332slm.  Il nostro viaggio continua sempre sul filo di cresta fino ad arrivare alla Sella delle Malecoste (m2229) che delimita il vallone della boscosissima Valle del Chiarino,  con la  caratteristica crestina  della Falasca dove si apre la Forchetta omonima che immette a est nella Valle del Venacquaro che scopriremo appena percorreremo il filo di cresta per raggiungere, dapprima la Croce Wojtyla e successivamente la vetta di Pizzo Cefalone: 2533slm.  La valle dell’Aquila si apre ora in tutte le sue angolazioni e sempre più visualizzata si mostra la tendenza che animò i castelli a fondare una città che ne raccordasse le economie e ne promovesse lo sviluppo.  Lo sguardo viene rapito, ancora una volta, alla vista dei due Corni, dall’immensa Val Maone e dall’imponente  Pizzo d’Intermesoli. Qui ci troviamo nel cuore della Catena. La discesa dal Cefalone è leggermente tecnica, attraverso roccioni levigati e brecce mobili.  Successivamente un marcato sentiero ci porta sulla cresta della Portella e al  Rifugio Duca degli Abruzzi (m 2388), dove si effettua l’unico rifornimento dell’intero percorso. Il panorama è grandioso, soprattutto per la visione dell’altopiano di Campo Imperatore,  delimitato ad est dal gruppo Brancastello – Prena – Camicia. L’immagine fotografica non riesce a rendere la grandiosità di questo pianoro che appunto “non è fotografabile”. Il famoso Alpinista Carlo Mauri, che era stato incaricato di fare un servizio fotografico sull’Appennino e che quindi era venuto anche sul Gran Sasso, confidò agli amici che non gli riusciva di fotografare Campo Imperatore, ed a chi gli diceva che prima o poi le nuvole se ne sarebbero andate rispondeva che non si trattava di nuvole: semplicemente, non gli riusciva di fotografare l’infinito.  Imbarcati tre litri d’acqua a testa con l’aggiunta dei sali minerali, si riprende il cammino attraverso un’affilata cresta che conduce,   dapprima al Picco Confalonieri posto a quota 2422m, di recente intitolazione, e in leggera discesa, si guadagna la Sella di Monte Aquila.  Sempre su un marcato sentiero si prosegue  fino ad arrivare a Monte Aquila, (m2495), dove la croce di vetta è stata  benedetta da Giovanni Paolo II, durante la sua visita “ufficiale” a Campo Imperatore nel giugno del 1993.  Una  sfiancate discesa, ma densa di gratificazioni per l’affaccio sulla sud-est del Corno  Grande,  ci porta all’inizio del tratto alpinistico dell’itinerario, cioè a Vado di Corno, m1952.  Durante la discesa abbiamo potuto rivivere, partendo dall’osservazione, lungo il percorso,  delle rocce, dell’assetto tettonico, dei fossili, delle strutture sedimentarie, della morfologia, etc., le varie fasi di una affascinante storia iniziata circa 200 milioni di anni fa.  Tali sedimenti rappresentano la testimonianza della successione nel tempo di svariati ambienti marini: articolate aree costiere, caratterizzate da lagune e piano di marea, piattaforme carbonatiche, bacini marini profondi e variamente articolati per l’esistenza di montagne sottomarine in parte emerse (Corno Grande) ed in parte sommerse (M. Aquila).  

Il Millenario Dislivelli 3722+ 3408- km 42,540
Dalla vetta di Monte San Franco visibile il Lago di Campotosto
Monte San Franco 2152slm (in un’immagine invernale)

L’imperiosa cresta di Monte Corvo
Il lago di San Franco, sullo sfondo il Corno Grande
Monte Jenca 2208slm
Lago di Camarda
Pizzo Camarda 2332slm
Cresta delle Malecoste – Falasca
Cresta delle Malecoste in invernale
Croce Wojtyla 2422slm
Pizzo Cefalone con la vecchia e umile croce di vetta 2533slm
Fanno da cornice il Corno Grande e il Corno Piccolo
La nuova croce di Pizzo Cefalone e l’imponente Pizzo d’Intermesoli
Monte Portella 2385slm
Il Rifugio Duca degli Abruzzi in assetto invernale e l’immenso altopoano di Campo Imperatore
Picco Confalonieri 2422slm
Monte Aquila 2495slm

Arrivati a Vado di Corno (1924m),  inizia l’oramai famoso  “Sentiero del Centenario”:  è così detto perché fu attrezzato nel 1974 dalla Sezione Aquilana del Club Alpino Italiano per celebrare i cento anni dalla sua fondazione. E’ un itinerario ricco di vedute panoramiche che variano lentamente e le cui sensazioni si alternano tra l’impegno alpinistico e i vari respiri escursionistici che consentono una sicura identificazione di quanto si riesce a cogliere.

Immediatamente, attraverso una marcata traccia che immette nel precipite versante di Casale San Nicola, sulla sinistra è possibile scorgere lo sperone sud-est della Vetta Centrale del Corno Grande e la vertiginosa parete orientale “Il Paretone” che incombe nella selvaggia Valle dell’Inferno che con le sue difficoltà di percorribilità si difende e si isola sdegnosa dalle aggressioni del turismo devastante. Sulla destra si snoda il filo di cresta del Brancastello-Prena-Camicia. E’ un percorso che in estate è segnato, alle quote più elevate, da una presenza ininterrotta di stelle alpine. E lo segnerà fin quando la diseducazione dei turisti che le strappano doviziosamente non ne decreteranno la fine.  Il sentiero molto marcato corre quasi sempre sul filo di cresta tranne in quei punti in cui frane paurose non ne han fatto crollare tratti di notevoli lunghezze.  Lasciati sulla sinistra dolcissimi prati dove sono i resti di un insediamento pastorale , stazzo di Rigo Rosso (m2065), uno dei più alti del Massiccio, ed il Pizzo San Gabriele (2214slm) che incombe sull’omonimo santuario si giunge, superando un’aspra pietraia sulla cima di Monte Brancastello (2385slm). Ormai il sentiero diviene meno marcato e più discreto in quanto il percorso fino al Brancastello incomincia severamente a selezionare gli escursionisti. Un richiamo estremamente suggestivo è dato dalla presenza sullo sperone tra i Valloni del Malepasso e di Fossaceca della Chiesetta di Santa Colomba. La Santa che proveniva dalla famiglia dei Conti di Pagliara e che si ritirò nell’eremo divenendo uno degli esempi della santità femminile che punteggiano il medioevo. Una leggenda dal sapore gentile narra che il fratello della predetta si recò nell’eremo per farla recedere dal suo intendo di isolamento. Naturalmente invano. Ma in quella circostanza la Santa non avendo nulla da offrire al fratello fece fiorire e fruttificare all’istante un albero di ciliegie. A ricordo della permanenza della Santa nel vallone sulla sommità di esso il valico strettissimo che immette nel versante meridionale è stato  denominato “Forchetta di Santa Colomba (m2290). Ma prima di raggiungerla, si oltrepassa un altro valico ben più importante e funzionale denominato del Piaverano (m 2327). Nome ricco di mistero che potrebbe far pensare ad una funzionalità economico-religiosa, ipotesi che si rafforza per il fatto storicamente accertato che attraverso tale valico passavano i pellegrini che dal versante teramano raggiungevano L’Aquila per il travolgente e coinvolgente culto di San Bernardino da Siena e di San Franco.

Ora il percorso si fa più impegnativo. Pur attrezzato con ferrate, esso diviene di natura alpinistica. Si devono superare infatti dei torrioni o Torri di Casanova (m2362) cosiddetti impropriamente perché incombono sull’insediamento pastorale cisterciense di Santa Maria del Monte di Paganica, grancia dell’Abazia di Santa Maria di Casanova, primo monastero cisterciense della regione sul versante sud-orientale del Massiccio. Ora si profilano gli altri impegni alpinistici costituiti dalle creste del Prena e del Camicia. Il filo della cresta dipana le sue meraviglie: le combe che sono sotto il versante settentrionale di Monte Prena, le fantasie dei picchi, la mobilità delle rocce che incastra tra i picchi enormi massi (L’occhio di Sauron),  i grossi roccioni che, come nelle grotte carsiche, suggeriscono le immagini di mostri, di vescovi in concilio, di animali, di persone e di tante altre fantasie similitudini visive.   Queste meraviglie immettono a livello di cresta sulla cima del Monte Prena (2561slm), montagna in evoluzione continua che determina verso Campo Imperatore enormi coni di deiezione ancora attivi. Rimane ora da scendere al Vado Ferruccio (m2245) che dopo Vado di Corno e Vado del Piaverano è uno dei più importanti del Gruppo. Abbiamo oramai di fronte l’ultima cima del percorso ovvero quella del Camicia, con i suoi 2564slm rappresenta la vetta più alta del “Centenario” e dell’intero percorso.   La sua parete nord, la più bella, difficile e maledetta di tutto il Gran Sasso, è guardata dal Dente del Lupo, che ne attenua sulla sinistra la precipite caduta quasi ad addomesticarla; ma le sorprese di questi vertiginosi precipizi, dai quali respirano refoli di venti che nascono dal mare ed arrivano fin qui sopra raffreddati, non finiscono qua. Si arriva infatti seguendo il filo di cresta in prossimità della cima dalla quale, non essendovi altri ostacoli montuosi, si scopre il tappeto variopinto delle montagne teramane e pescaresi fino al mare . Percorrendo la cresta e lasciando il sentiero che corre più in basso, si aprono finestre imponenti sui precipizi che incombono quasi perpendicolarmente sul Fondo della Salsa. Siamo quasi alla fine dell’itinerario . Per il Vallone di Vradda o per il Monte Tremoggia si arriva a Fonte Vetica (m1632), dove v’è un ricco bosco di larici, esempio sperimentale di ricostruzione del bosco di conifere a Campo Imperatore. Da Fonte Vetica si diparte l’acquedotto che adduce dagli inizi del ‘900 l’acqua a Castel del Monte che, con uno sforzo corale dei pastori, riuscì, senza sovvenzioni di sorta, a realizzare il sogno certo millenario di avere l’acqua in Paese. Sforzo a mezza via tra il sogno e la capacità di fare ove si pensi che il Paese visse sempre con l’acqua dei pozzi. Dopo otto ore e venti minuti la nostra avventura è terminata.

Dislivelli 3722+ 3408- km 42,540

Vado di Corno (il misterioso Corno Grande)
Via attrezzata del Centenario
La Torre di Casanova 2362slm
Monte Infornace 2416slm
Monte Prena 2561slm
Monte Prena l’Occhio di Sauron
Monte Camicia 2564slm
Il manufatto dell’acquedoto di Castel del Monte costruito nel 1902 in mezzo ai larici di Fonte Vetica
Il bellissimo bosco di larici a Fonte Vetica, sullo sfondo il Camicia con la prima neve
2 comments to “Le Grandi Traversate: “Il Millenario””
  1. …da ogni riga un’immagine evocativa.
    Davvero complimenti Paolo. Un’impresa durissima, che fai sembrare riuscita grazie anche alle energie (si può dire anche spirituali?) recuperate da quelle tante vette via via affrontate e superate. Sempre un piacere leggerti!

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