Raccontiamo la storia di un Rifugista che ha trascorso 44 anni in un rifugio delle Dolomiti, dove la presenza di canaloni, pareti di roccia, cascate di ghiaccio e percorsi escursionistici, hanno dato la possibilità a escursionisti, alpinisti e scialpinisti di frequentare la montagna tutto l’anno.
Guido è lassù a 2601 metri di quota da 44 primavere imperturbabile nella sua camicia a quadri, ha visto andare, venire, tornare, cambiare d’abito e d’abitudini cinque generazioni di frequentatori della montagna. Una rivoluzione che Guido riassume con nonchalance: in cinque richieste. Negli anni ’80 la domanda classica al gestore era: “C’è posto?”. I gruppi prenotavano da un anno all’altro e si concentravano in tre periodi di attività forsennata: l’inverno con le cascate di ghiaccio, la stagione primaverile dei canaloni innevati e la fatale quindicina di agosto per le uscite a piedi o su roccia. Erano per lo più alpinisti del CAI e si muovevano in branco, divisi nei gruppi sezionali. Arrivavano al rifugio zavorrati di attrezzatura e viveri propri: a nessuno sarebbe mai venuto in mente di reclamare il pranzo. E’ solo negli anni ’90 che la domanda diventa: “C’è da mangiare?”. L’afflusso primaverile degli alpinisti inizia a calare, in compenso un nuovo appetito si sparge fra i frequentatori estivi dei rifugi, sempre più numerosi e sempre meno propensi a portarsi il cibo sulle spalle: poco a poco si impone ovunque la mezza pensione. Negli anni 2000 gli escursionisti hanno la meglio sugli alpinisti e si fanno più esigenti: diventa normale per il gestore sentirsi chiedere: “Che cosa c’è da mangiare?”. Gli alpinisti da canalone sono sull’orlo dell’estinzione, forse per effetto del cambiamento climatico, le folle escursionistiche distendono volentieri le gambe sotto i tavoli e chiedono menù completi, dal primo al dolce fino all’ammazzacaffè. La polenta diventa la legge nel piatto oltre i mille metri di quota. L’un tempo inconcepibile; poi la scandalosa domanda: “C’è la doccia?” risuona per la prima volta negli anni ’10 del terzo millennio. Ora la nuova frontiera delle richieste è il temibile: “E poi?” al termine dell’elenco delle portate. “E poi basta” risponde Guido, “perché chiedere di più – più cibo, più acqua, più calore – vuol dire compromettere quello che c’è già, che c’è ancora.” Voilà, praticamente un trattato di antropologia del turismo è servito insieme alla “Leffe” alla spina, rigorosamente prima delle 22,00. Poi si spegne la luce e via tutti a dormire.