(Carta IGM 1:25000 foglio 349 tavola OVEST)
La valorizzazione delle acque che scorrono, caratterizzano i paesaggi della Valle del Chiarino, con lo scopo di conoscerle, salvaguardarle e proteggerle: per questo motivo il percorso si snoda attraverso la zona maggiormente antropizzata in tempi remoti. Il “viaggio” dell’acqua, un tempo partiva dai ghiacciai presenti in località “Le Pozze”, sotto la “tormentata” cresta delle Malecoste, oggi dallo scioglimento delle nevi della Sella del Venacquaro, Pizzo Camarda, Monte Jenca, Monte Morrone ecc..
Un percorso ideale dettato dalla gravità. Infatti le immagini che seguono cercano di restituirci le acque con la forza di un frattale, mostrandoci inattesi particolari, dettagli sfuggenti, capaci di sorprenderci per la bellezza delle loro forme. L’intento è dunque quello di documentare una porzione di territorio, riflessioni sull’importanza della risorsa idrica di un tempo, più che mai attuale in questo periodo storico, anche alla riscoperta di strutture murarie, e testimonianze legate all’impiego dell’acqua nel passato. Proprio alla ricerca di questi “segni”, l’acqua ha tracciato e continua a tracciare il tempo. Le foto si soffermano, sia su scenari naturali, che sulle tracce lasciate dall’uomo, disseminate lungo tutta la Valle. Oggi può sembrare persa in tempi remoti, ma che in realtà, fino a un recente passato, ha interessato gli abitanti di questa vallata. Le immagini proposte intendono “parlarci” dei luoghi, ma anche proporci suggestioni visive; sono state escluse, inquadrature più conosciute e note all’immaginario collettivo di chi frequenta questo luogo, offrendo un punto di vista il più possibile nuovo, alla riscoperta dei segni dell’acqua.
Oggi come non mai, bisogna considerare che tutta l’acqua presente sul Pianeta , solo una minima parte è potabile. E, soprattutto, si trova sotto i nostri piedi. Di quell’acqua abbiamo bisogno, ma le minacce si moltiplicano. Ecco perché è importante tutelare le aree carsiche. Il prof. Leonardo Piccini (Università di Firenze) ci dice che sulla terra ci sono mille e quattrocento milioni di chilometri cubici d’acqua, ovvero circa 200 milioni di metri cubi a testa. Ma non è questo il dato che impressiona di più. Quasi la totalità dell’acqua presente sulla superficie terrestre (ovvero il 97%) è contenuta negli oceani e nei mari, per cui ne respiriamo solo i sali di iodio. Le acque dolci sono il 3% rimanente. Ecco, è qua che scopriamo il dato più interessante di questa (poca?) acqua rimasta, tre quarti sono in forma solida (e si trovano soprattutto imprigionati nelle calotte polari e nei ghiacciai) mentre il 90% dell’ultimo quarto (cioè 8,4 milioni di chilometri cubici) è costituito dalle acque sotterranee prevalentemente racchiuse nei depositi delle pianure alluvionali e costiere. Quello dell’acqua è un ciclo finito. Compie un percorso dalla terra al cielo e viceversa, come in un loop continuo, seguendo le ben note quattro fasi del ciclo idrologico: evaporazione, condensazione, precipitazione, infiltrazione. Niente che si possa leggere su un qualsiasi sussidiario. Ma sono proprio questi numeri a fare la differenza. Sono quelle percentuali residue a farci capire quanto sia importante l’acqua e soprattutto quanto sia necessario salvaguardare le risorse idriche provenienti dal sottosuolo, visto che poi sono le sorgenti carsiche a soddisfare i nostri bisogni. Se da anni, pensando all’acqua, parliamo di “oro blu” c’è più di un motivo. Le risorse idriche scarseggiano e secondo l’UNESCO, in futuro, l’utilizzo degli acquiferi carsici per l’alimentazione idropotabile aumenterà dal 30 all’80%. Qual è la principale minaccia? Purtroppo la risposta è semplice: l’inquinamento.