Nonostante la sua importanza per l’approvvigionamento dell’acqua ai paesi limitrofi, la Catena dei Monti di Bagno, tra i gruppi minori dell’Appennino Centrale, è, nella stagione primaverile, la meno frequentata. Eppure la sua giogaia principale ha inizio proprio a ridosso delle mura cittadine del Capoluogo Abruzzese. La costiera settentrionale s’innalza arida, nuda, come una lunga muraglia, solcata da ripidi canali dove un tempo, nella parte alta del plateau, tra la “Fossetta” e “Fossagrande”, rimaneva qualche nevaietto perenne, a servizio della pastorizia, dove i naturali avevano costruito anche piccole dighe di contenimento. Aspetto ben diverso offre il versante meridionale, sempre brullo, ma che degrada dolcemente verso i paesi di Sassa, Roio, Lucoli ecc..
In inverno, questa montagna viene normalmente ascesa dal paese di Casamaina, m 1404, sulla strada provinciale che da L’Aquila conduce a Campo Felice: via agevole e assolata, soprattutto per chi pratica lo scialpinismo. Mentre il versante settentrionale è poco conosciuto, da una parte perché nel periodo invernale la zona è battuta da imponenti slavine, dall’altra per il forte dislivello che lo caratterizza. La sua vetta principale è il Monte Ocre che, con i suoi 2209 di altitudine, offre un panorama a 360° che nessuno immaginerebbe (il nome Ocre è un relitto – quasi un fossile – di arcaici dialetti indigeni, equivalente a “monte roccioso”).
Proprio in virtù di tutte queste peculiarità mi venne in mente di proporre a due miei Amici montanari, Luciano Porrelli, il quale nel corso degli anni aveva acquisito l’appellativo del “Collocatore” (forse un giorno ci racconterà l’origine dell’epiteto) e Danilo Leonardis, di partire dall’Aquila e, transitando per l’Ocre, “atterrare” a Rocca di Cambio che, con i suoi 1434slm, è considerato il comune più alto di tutto Appennino, laddove la catena degrada dolcemente, se non nella parte centrale del pendio, ove si incontrano degli spuntoni di rocce piuttosto taglienti.
Ovviamente, l’escursione doveva essere realizzata a fine marzo, o nella prima quindicina di aprile cosicché, fino ad una certa quota era esplosa la primavera, con i suoi colori brillanti e variopinti, mentre nella parte alta resistevano ancora i nevai di una certa consistenza, che da sempre costituiscono importanti riserve idriche per gli abitanti dei paesi sottostanti. Da qui nasce il titolo: “Dai fiori ai ghiacciai”.
Approfittammo di un giorno di sciopero dei lavoratori del credito, essendo Danilo e io dipendenti dell’allora Banca Nazionale del Lavoro, oggi BNP PARIBAS, mentre Luciano, funzionario presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, fruiva di un giorno di ferie, e ci accordammo per venerdì 26 marzo 2004, che coincideva con la giornata, per noi, diventata festiva.
Inoltre, uno degli elementi che coronava l’escursione era l’”atterraggio” presso la Locanda Aurora, dei Fratelli Amedeo e Santino Spaziani, che da poco vi avevano realizzato un centro benessere. Come dire che, oltre a companatico, libagioni di ottima qualità e consolidati rapporti di amicizia, ci avrebbero messo a disposizione il centro per un veloce recupero fisico dalla fatica profusa.
Trattandosi di una traversata, sarebbe stato opportuno organizzare un’autovettura all’arrivo. Ma noi, approfittando del giorno feriale in cui c’era il collegamento in autobus Avezzano – L’Aquila, con transito a Rocca di Cambio, avremmo potuto usufruire della corsa “comoda” prevista per le h17,30, nei pressi della piazza del paese, pena il pernottamento in loco. Inoltre se la fortuna ci avesse assistito, avremmo colto l’occasione, di qualche cliente dell’Aurora che, terminato il pranzo, riscendeva verso L’Aquila. Si evince, che il nostro arrivo alla Locanda doveva essere contenuto entro le h14,00-14,30 al massimo, per far sì che le operazioni di riassetto fisico venissero svolte in tranquillità.
Veniamo ai fatti: per le “fragole” dobbiamo aspettare.
Zaini ispalla, il nostro cammino inizia dalle Novantanove Cannelle (sec XIII), un importante monumento a ridosso delle mura urbiche del Capoluogo Abruzzese. Quel giorno il meteo non era dalla nostra parte, tuttavia il sole ci salutava, attraverso uno squarcio di azzurro, destando molte speranze e rafforzando i nostri entusiasmi. Un brave tratto di strada asfaltata ci conduce ad attraversare i binari dell’antica ferrovia L’Aquila-Napoli, costruita nel 1875. Successivamente si attraversa il ponte sul fiume Aterno, di lì a poco ci si immette nella mulattiera della Via Mariana, dove sono posizionate le nicchiette votive che rappresentano il percorso della “Via Crucis” cittadina; la prima delle quali reca il nome del Cardinale Carlo Confalonieri, vescovo dell’Aquila durante il periodo bellico della II Guerra Mondiale, che tanto si prodigò per la città nella fase dell’occupazione Tedesca. Dopo circa 20’ si arriva al pittoresco abitato di Roio, dove insiste il noto Santuario. A questo punto, il caffè è la priorità della giornata, perché da lì in poi, come si vedrà, non si incontrano altri paesi, se non antichi ricoveri pastorali.
La mulattiera prosegue sotto un bosco di conifere fino a raggiungere la spartana Chiesa di San Lorenzo della Serra (risalente al VII secolo, dei monaci Equiziani), con qualche volta affrescata, oggi diroccata a causa del terremoto del 2009. Davanti a una miriade di tracce pastorali, nei dintorni del manufatto, prendiamo quella centrale che punta verso est. L’uscita dal piccolo bosco è immediata: davanti a noi si profila la brulla e ripida Costa dei Coppi, dalla quale abbiamo una prospettiva panoramica più ampia per puntare all’obiettivo successivo. Oramai il percorso è di facile intuizione. Il ripido crinale che si affaccia sull’abitato di Pianola, prosegue per gli stazzi del Castiglione, oggi ancora in uso, che saranno la nostra prossima meta.
A questo punto la salita diventa impegnativa ma, alle nostre spalle, godiamo del meraviglioso panorama verdeggiante della bassa Valle dell’Aterno e di tutto il versante sud-est della città dell’Aquila. Oltrepassiamo la rudimentale Fonte Cerasitto, anch’essa un tempo a servizio della pastorizia che oggi non si pratica più, se non fosse per qualche cavallo sparso qua e là, che fruisce ancora della poca acqua che sgorga dal fontanile. Il cammino continua su un labile sentiero che ci porta a valicare il Passo di Vallefredda, posto a q 1635, dopo essere transitati per la località “Mezza Spada”. Si riprende una carrareccia in leggera salita, proveniente dal versante opposto, precisamente dal paese di Casamaina, che conquista il Valico dei Monti di Bagno. Sulla nostra destra appaiono le “Terre Rosse” di Lucoli, mentre di fronte un laghetto e un manufatto, anch’esso di origini agro-pastorali, rapiscono il nostro sguardo. Risaliamo il crinale sul quale vi sono i mozziconi a conci grandi, ben lavorati, dell’antica Grancia di Santo Jaco (sec XII-XIII). Una pietra a forma circolare con un foro centrale, rinvenuta all’interno del perimetro murario, fa supporre dell’esistenza di un mulino a trazione animale.
Riprendiamo il nostro cammino con la salita ai “Tre Bauzi” dove incontriamo, finalmente, lo schienale nevoso di Monte Ocre, fino a raggiungerne la vetta, posta a q 2209: è la cima più alta di tutto l’itinerario. Il panorama grandioso solleva di colpo gli animi, aiutati anche dalla lunga cresta di neve portante, in leggera discesa, che ci condurrà a Monte Cagno, 2153slm, l’ultima asperità del percorso, ma soprattutto veniamo rinfrancati dalla degustazione di un pocket coffee, gentilmente elargito dal “Collocatore”. L’interminabile discesa sull’ostica cresta del Cagno, con gli spuntoni taglienti delle rocce affioranti, le sagome bizzarre di grossi massi, conferiscono all’ambiente un aspetto fantastico e irreale. Il calore del sole di fine marzo, lo sguardo, oramai, rivolto sui tetti dell’abitato di Rocca di Cambio, dove ci attendono il centro benessere e le “cucine”, che ci allieveranno la grande fatica sostenuta, non prima, però, di aver reso omaggio alla Cappelletta degli Alpini, situata appena fuori le mura perimetrali del paese.
Pur tuttavia il pensiero va al ritorno in città, considerato che l’ultima corsa dell’autobus è prevista per le h 17,30. Di conseguenza, avremmo dovuto lasciare l’Aurora entro le h 17,00, per trasferirci, a piedi, nei pressi della piazza del paese, dove c’è la fermata del mezzo pubblico.
L’accoglienza nei locali dell’Aurora è come sempre molto affettuosa: nemmeno il tempo di entrare, Amedeo ci mette a disposizione il centro benessere. L’azione rigenerativa di una doccia calda ci consentirà di affrontare il meritato pasto con più serenità. Senza perdere tempo, pensando sempre al viaggio di ritorno, per non escludere un eventuale altro mezzo di fortuna, domandiamo a Santino se c’è qualche altra prenotazione di clienti provenienti dall’Aquila, che a fine pasto avrebbero potuto riaccompagnarci in città, o nei vicini paesi dell’hinterland cittadino. Siamo fortunati!
Santino ci dice: “il tavolo apparecchiato vicino al vostro, è riservato per i tecnici comunali del territorio, compreso il sottoscritto, in rappresentanza del Comune di Rocca di Cambio, i quali, dopo una “breve merenda”, avranno una riunione, anch’essa di poca durata, per un aggiornamento e un confronto su temi inerenti la nostra attività professionale”. Aggiunge: “tra di noi c’è il Sig Emidio Ammanniti, geometra del Comune di Lucoli, il quale per tornare al paese di provenienza, deve necessariamente transitare per il Capoluogo: per di più viaggia solo”.
C’è da dire che in quegli anni non era stata ancora costruita la galleria di Serralunga, che oggi collega i paesi del Rocchigiano con quelli del territorio di Lucoli, senza dover aggirare l’omonima montagna attraversando l’alta Valle dell’Aterno. Rinfrancati di aver trovato, in breve tempo, un mezzo alternativo per far ritorno a L’Aquila, ci accomodiamo per il pranzo. A questo punto, non ci siamo più preoccupati dell’autobus, perché le “garanzie” del viaggio di ritorno in città le avevamo avute dal geometra Ammanniti, sostenute e caldeggiate dal collega Santino.
Mentre stavamo pregustando le appetitose pietanze della locanda, il nostro sguardo si dirige verso la vicina tavolata dei tecnici comunali, per i quali, non solo, “la breve merenda” si era trasformata in un pranzo completo, aggravato dalle abbondanti libagioni, ma della riunione non se ne parlava proprio. Erano tutti intenti ad alzare i “picchieri” uno dopo l’altro.
Incominciava ad affiorare in noi qualche perplessità sul ritorno a L’Aquila. Dopo circa un’oretta il nostro pranzo era terminato, mentre nell’altro tavolo stavano degustando ancora i “surgitti “, spaghetti ammassati acqua e farina, conditi con pomodorini e tonno, uno dei piatti tipici rocchigiani. Di conseguenza le nostre preoccupazioni aumentavano, pensando anche alle ore serali, che avrebbero complicato maggiormente il nostro ritorno in città. Nel frattempo, prima di interrompere l’allegra conviviale dei geometri, cerchiamo una soluzione alternativa, confidando su qualche altro mezzo di fortuna.
Purtroppo ci dice male…
Nessuno degli altri commensali presenti nel locale, transitava per L’Aquila, o nei pressi dei paesi vicini. Il tramonto oramai era vicino, l’autobus, nel frattempo, l’avevamo perso, e la possibilità di tornare alle nostre case in auto oramai stava per naufragare. Non ci siamo persi d’animo. Nel bel mezzo di un fumante arrosto di cacciagione, arrivato sempre alla tavolata dei geometri, domandiamo con discrezione, a colui che ci avrebbe promesso e “garantito” il passaggio verso il Capoluogo, una previsione sulla durata della “breve merenda” e della successiva riunione.
Con aria burbera e alticcia a gota rosso porpora, ci risponde: “Ehhh!!!! Adesso, prima c’è il dolce della casa, a seguire ci dobbiamo mangiare le “fragole al Cointreau”! E poi si darà inizio alla riunione”.
Gelati da questa risposta, lo spettro del ritorno a piedi in città si era concretizzato. Senza proferire parola alcuna, aiutati, per fortuna, dalle lunghe giornate primaverili, rimessi gli scarponi, riassettato lo zaino, ci avviamo per far ritorno a L’Aquila, questa volta, senza ripercorrere l’itinerario d’alta quota precedente, ma attraverso gli altopiani dell’Acquazzese e Malequagliata, che si trovano a quote medie (1600-1400 slm). Evitiamo di arrivare alle novantanove cannelle, scendendo per la Madonna delle Canali, il cui sbocco è sull’abitato di Ripa di Bagno, servito, per fortuna, dai mezzi pubblici dell’AMA. Nella tarda serata arriviamo alla stazione ferroviaria del Capoluogo, fermata promiscua per raggiungere le novantanove cannelle.
E poi!…una ulteriore “merenda” a casa del “Collocatore”, oggi sarebbe stato definito un “aperitivo cenato”, ma anche questa volta senza “fragole al Cointreau”. Il migliore dei ricordi.