Guido Brizio (1898 – 1952) Presidente della Sezione CAI di Roma 1939-1944 nonché Consigliere Nazionale CAI -1945-.
Riassunto tratto dal Bollettino della Sezione C.A.I. di Roma (anni ’50), dalla stampa dell’epoca e dal libro: “Novant’anni della Sezione CAI di Roma” (1873-1963) , pubblicato il 16 ottobre 1963.
Guido Brizio, nato a Pavia, e trasferito per motivi di lavoro a Trieste, si iscrisse a quella Sezione del C.A.I. della quale fu consigliere nel periodo dell’irredentismo, tenendo alto con la sua opera il buon nome dell’Italia. Trasferitosi da Trieste a Roma, nel 1920 si iscrisse alla nostra Sezione dove, entrato a far parte del Consiglio, iniziò la sua lunga, proficua ed indimenticabile attività, facendosi fra l’altro promotore dell’ESCAI (Escursionismo Scolastico Club Alpino Italiano) , grazie a Lui ebbe una vita molto fiorente fino al 1925 quando tutte le attività giovanili vennero incorporate nelle organizzazioni del passato regime. L’assemblea dei soci, dopo aver udito la commovente commemorazione di Ettore Gaudenzi, uno dei più strenui paladini dell’ESCAI (Escursionismo Scolastico Club Alpino Italiano), e preso atto delle eccezionali misure che si erano dovute prendere in osservanza di questa o di quella “disposizione superiore”, confermò il fervente patriota giuliano all’incarico della presidenza, nella fiducia che egli avrebbe potuto condurre degnamente la Sezione anche negli anni più difficili che la situazione interna e quella internazionale facevano presagire. Qualche anno dopo tale conferenza, l’Italia entrava infatti nella triste avventura della guerra e l’orizzonte, già foriero di mille incertezze, diventava ancora più nero anche per il nostro sodalizio.
Benché validamente coadiuvato da uomini che poi ritroveremo alla ribalta sezionale per altri lunghi anni, Guido Brizio riede alla nostra mente quale il Foscolo: “vide sul vallo fra un turbine di dardi Aiace solo”.
Nell’estate del 1939, al termine della sua gestione commissariale, verrà eletto presidente, con Bettoia suo sostituto, e al principio dell’inverno, quando darà resoconto dell’attività sezionale enumerando le 48 gite sociali effettuate, il successo del corso di arrampicamento diretto da Fausto Zapparoli, lo sviluppo delle iniziative per la costruzione del rifugio Graziani e il raggiungimento di un modus vivendi con la GIL (Gioventù Italiana del Littorio), potrà a ragione dichiarare: “Siamo pronti a cedere onori ed oneri a chiunque stimi che la nostra capacità non corrisponda all’intendo e voglia sostituirci nell’incarico. Rientreremo disciplinatamente ne’ ranghi con la convinzione di aver dato quanto era nelle nostre possibilità per salvaguardare e potenziare gli interessi del sodalizio. Sotto la presidenza di Brizio nel 1943 si pubblicò comunque il volume “Gran Sasso d’Italia” della serie Guide dei Monti d’Italia, scritto da Carlo Lando Vittorj e Stanislao Pietrostefani. Sempre nel ’43 divenne anche Consigliere Centrale. In tale veste ebbe l’incarico di reggere le Sezioni dell’Italia Centrale–Meridionale mano a mano che le varie città venivano liberate. Allorquando nel luglio ’44 egli passerà le consegne della Sezione al commissario avv. Manes per dedicarsi più compiutamente alla Reggenza delle Sezioni centro-meridionali, le vicissitudini dei tragici anni durante i quali si trovò ad operare ristaranno nella sua mente in una confusa misura di successi e di tristezze, assai più di queste che di quelli. E svolse tale compito fino al 1945, coadiuvato da un Consiglio composto di vecchi soci di provata fede e suoi carissimi amici.
Quando, soprattutto per motivi di salute, abbandonò ogni carica, rimase costantemente vicino al nostro sodalizio. Nessuno di noi dimenticherà le sue visite in Sezione nell’ultimo periodo della Sua vita: voleva sapere sempre cosa si faceva, che cosa si intendeva fare, e non tralasciava occasione per dare il Suo prezioso parere. Morì a soli cinquantaquattro anni, a seguito di una grave malattia che lo aveva colpito negli ultimi due anni e dopo aver vissuto due Guerre Mondiali. Fu quindi doverosa la deliberazione presa per onorarlo con un’opera che portasse il Suo nome.
Ricordando come nella seduta del 6 maggio 1952 il Consiglio Direttivo della Sezione, presa in esame la proposta di onorare la memoria del compianto Guido Brizio con un’opera che ne perpetuasse il ricordo, dopo ampia discussione, decidesse la costruzione di una Via ferrata al Gran Sasso.
Il Presidente Datti viene poi ad illustrare le varie fasi della costruzione. Il 22 luglio 1952 il Consiglio che aveva dato incarico al Consigliere Tosti di fare un preventivo di spesa e di studiare la realizzazione della Via ferrata in collaborazione con gli Amici del C.A.I. dell’Aquila, preso atto che si sarebbe potuta realizzare con una spesa di L 200.000, ne autorizzò la costruzione dando incarico allo stesso Tosti di eseguire i lavori. Il 10 ottobre 1952 fu comunicato al Consiglio che la Via era tracciata e che si doveva provvedere alla posa in opera delle opere in ferro. La spesa sostenuta dalla Sezione si aggirò sulle L 200.000, ma praticamente la sistemazione vera e propria della Via ferrata non fu completata, anche per le difficoltà rappresentate dal cattivo tempo. Nel luglio del corrente anno il Consiglio Direttivo, preso atto del pericolo che la mancata definitiva sistemazione del sentiero poteva rappresentare per gli alpinisti di passaggio, affidava agli Amici dell’Aquila e per essi il Presidente Nestore Nanni il mandato di completare il sentiero. Per questa opera la Sezione sostenne una ulteriore spesa di circa L 250.000. Oggi che il lavoro è compiuto sentiamo il dovere di ringraziare tutti gli Amici, soprattutto i Grandi Alpinisti-lavoratori dell’epoca meglio conosciuti come: “I Negri del Gran Sasso”, coordinati dall’Ing Andrea Bafile junior, che si prestarono con non indifferenti sacrifici per la sua realizzazione e in special modo il Presidente della Sezione dell’Aquila e tutti coloro che in un modo o nell’altro diedero il proprio contributo. Ed è con orgoglio e commozione che dichiaro aperta ufficialmente la Via ferrata Guido Brizio alla cui memoria vi invito ad osservare un minuto di silenzio ed assicuro il caro Dario, degno figlio del nostro indimenticabile Amico, e la di lui consorte che i Soci del C.A.I. di Roma di oggi e di domani non dimenticheranno mai il vecchio Presidente.