Percorrendo i sentieri della nostra fascia pedemontana Teramana ancor meglio, dei dossi preappenninici fino ad un’altezza che sta tra gli 800 e i 1300-1600 metri, i nostri sguardi sono spesse volte colpiti dalla presenza di blocchi di rocce, le più diverse, che poggiano su pianeggianti prati o nella tranquilla boscaglia di faggio, o di castagno. I nostri corregionali li chiamano alla buona “trovanti” e i naturalisti, più pomposamente, “massi erratici”; ambedue i termini includono il concetto di qualcosa di vagabondo, di abbandonato, dì trovatello: il buon senso spontaneo del montanaro e la saggezza ragionata degli uomini di scienza vanno cioè perfettamente d’accordo nel ricercare la causa della presenza di questi enormi massi nel “trasporto” effettuata dai ghiacciai alpini e appenninici, quando natura mente questi avevano uno sviluppo ben maggiore di quello attuale.Non sappiamo ancor oggi per quali cause, appena prima della comparsa dell’uomo su questa grande «aiuola» il clima di tutta la terra cambiò; più basse temperature, e specialmente più copiose precipitazioni atmosferiche determinano sulle catene montuose di tutta la Terra, anche di quelli ad esempio dell’Africa Orientale, uno sviluppo enorme del fenomeno glaciale. Dal Gottardo ad esempio i ghiacciai scesero fino a Gallarate, dallo Stelvio e dallo Spinga fino ad Arcore, dal Tonale fino a Rovaio. Il nostro Ghiacciaio del Calderone si snodava per tutto il Vallone delle Cornacchie e raggiungeva quindi la non disprezzabile lunghezza di ca. 10 Km. . Il loro spessore poteva aggirarsi sui 1000 m., che non è poi, uno spessore impossibile; se si pensa che ancora oggi, il “Ghiacciaio dell’Aletsch, che scende dallo Jungfrau allungandosi per 26 Km., ha uno spessore di quasi 800 metri. La velocità di discesa, se prendiamo esempio dagli attuali ghiacciai alpini e groenlandesi, poté in media passare dai pochi metri annui nei primordi, ai 6-7 Km., quando avevano raggiunta la pianura. Passando per la Valtellina, il Ghiacciaio dell’Adda la copriva tutta fino a oltre 2000 metri; riceveva il tributo glaciale delle valli che scendono dalle incombenti vette orobie e dalle Valli Malenco e Masino; e, insieme con il tributo di ghiaccio, anche quello di morenico di cui i ghiacciai si erano caricati passando sotto le pareti rocciose in sfacelo per i frequenti sbalzi di temperatura cui la roccia era sottoposta. Anche sulle nostre montagne c’era una situazione simile, specialmente sul Gran Sasso dove l’altopiano di Campo Imperatore era tutto coperto di ghiaccio che scendeva dalle vette dove oggi “corre” il “famoso” “Sentiero del Centenario”.Ma quanto tempo dovette passare prima che la scienza riuscisse a interpretare esattamente la causa che aveva provocato il trasporto dei massi erratici nelle posizioni attuali! La prima ipotesi fu che si trattasse di costruzioni umane trasportati sui monti chissà da quali genti e utilizzate dai sacerdoti quali tavole per compiervi sacrifici. Che qualche erratico abbia anche potuto servire ad uso religioso o funerario, nulla di più naturale. Gli stessi uomini hanno utilizzato molti di questi massi per scavarvi avelli che oggi troviamo dispersi e magari usati dalle nostre lavandaie. Ma il problema rimane sempre: da dove provengono o chi li ha portati quei massi? Molti sono giunti ad ammettere che un tempo il mare penetrasse in tutte le nostre vallate fino a rilevanti altezze e che giganteschi “iceberg”, provenienti da ghiacciai limitati all’interno dei monti e galleggianti alla deriva sulle acque di questi fiordi, si siano posati sulle sponde e quivi sciogliendosi abbiano abbandonato i massi, che tenevano inglobati nel loro “freddo seno”. Ipotesi ingenua perché le argille e sabbie, zeppe di fossili testimoni dell’ultimo mare che occupava fin quasi, alla comparsa dell’uomo la conca Padana, si fermano ai piedi delle prealpi e non superano i 300-500 m di altezza mentre gli erratici si trovano a quote superiori. Solo nel 1834 la scienza accetta la teoria del trasporto glaciale: il primo principale fattore di questa teoria è lo svizzero Charpentier che già nel 1815 aveva sentito esporre idee consimili da un montanaro vallese. In Italia il primo momento degli studi glaciologici è rappresentato dal piemontese Gastaldi e dai lombardi Omboni e Stoppani; ma solo Stoppani, questo “disturbatore eterno dei pacifici sassi”; com’egli amava definirsi; uscendo dalla stretta cerchia degli scienziati, diffuse tra il popolo e la gente colta queste idee che la scienza aveva appreso dai montanari. Un esempio di questi massi è: il “Masso” dov’è scolpito lo stemma Aragonese situato sotto le pendici di Monte Camicia . Nel 1914 tre soci del C.A.I. di Milano (Repossi, Codara e Mauro) pubblicarono un opuscoletto dal titolo: “I Massi Erratici” contenente una proposta di legge per proteggere questi macigni che, costituiti di ottimo materiale da costruzione venivano distrutti a scopo utilitario. Cosa ottima che non è improbabile si riesca ad ottenere per scopi maggiori. Inoltre proposero un catalogo più completo possibile per gli stessi e il Comitato Scientifico della Sezione di Milano si assunse tale incarico. Ogni masso erratico doveva avere una sua cartella personale, una scheda per ognuno doveva contenere i principali dati accompagnata da un certo numero di fotografie e disegni di riconoscimento.