Il “Canalino Y” in compagnia di Carlo Alberto Pinelli e Domenico Alessandri

Dopo due anni di attesa ho avuto l’onore ed il piacere di effettuare un’escursione alpinistica con due grandi alpinisti i quali hanno scritto gran parte della storia del Gran Sasso: Domenico Alessandri , per gli amici Mimì e Carlo Alberto Pinelli, detto Betto.

Con i  predetti, uno di anni 80 e l’altro di anni 77, siamo partiti dal Lago Racollo in direzione Fonte Rionne dove è legata la storia dell’omonimo acquedotto che porta l’acqua nel paese di Santo Stefano di Sessanio.

L’itinerario scelto è stata la salita per il  canale di Fonte Rionne meglio conosciuto come il  “Canalino  Y”, che  nella parte sommitale, in prossimità di uno spigolo giallo, la forra si divide  formando una Y.

L’attraversamento  dell’Altopiano di Campo Imperatore ha dato   spunto a Mimì per illustrarci la sollevazione del Gran  Sasso nelle varie ere geologiche. Una spiegazione curata nei minimi particolari con esempi  pratici su alcune rocce di calcare ed altre di marne .   Nei pressi del bivio  per  Santo Stefano  di Sessanio, al limite delle collinette moreniche, si diparte una piccola sterrata che segue il percorso dell’acquedotto. Dopo circa un’ora di cammino,  godendo del panorama sulla parete EST del Corno Grande, si arriva ad un vecchio pluviometro, oramai diruto con un piccolo manufatto  dove confluiscono  due prese dell’acquedotto. Dopo aver attraversato un greto sassoso con residui di acqua proveniente dai nevai circostanti si  arriva  ad un  casotto dove una piccola cascata confluisce nelle grate in ferro  poste a protezione dell’imbuto di raccolta  evitando l’ostruzione di  pietre trasportate dall’acqua, specialmente nel periodo primaverile dove l’abbondante fusione della neve  costituirebbe  un pericolo per il vaso di raccolta.

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L’impluvio e i canaloni attorno a Fonte Rionne durante l’era glaciale dovevano ospitare svariati piccoli ghiacciai che , confluendo tutti nell’omonimo  fosso , probabilmente alimentavano un unico ghiacciaio fino a raggiungere   l’Altopiano di Campo Imperatore, infatti le tracce sono ancora visibili, nonostante  la sua sede sia stata potentemente incisa dall’erosione e dal carsismo.  Tra grossi macigni si risale il  vallone, che piega verso destra  ed assume una forra circondata da alte guglie rocciose. Alla quota di 1965m circa inizia il nevaio perenne  le cui dimensioni,  al termine della stagione estiva,  possono oscillare tra una lunghezza  di 60-80 metri ed una larghezza di 20-30 metri.

Ripreso il cammino con i ramponi  calzati si arriva sotto un ripido salto che si aggira sulla sinistra della forra dove,  nelle  annate poco nevose , il superamento di questo ostacolo potrebbe rappresentare qualche problema,  in tal caso è richiesto l’uso della corda.  Superata questa asperità leggermente interrotta da un piccolo crepaccio siamo arrivati dove il canale si divede .   La salita più diretta  e appagante per la vetta  è il ramo di destra  che nel percorrerla   abbiamo fatto  delle riflessioni sul manto nevoso del periodo constatando  che la stagione in corso  è un po’ avanti rispetto ad altre annate molto più fredde e  nevose.  Raggiunta la vetta del Monte Infornace (m2423) abbiamo goduto di un panorama mozzafiato su tutte le vette  del Gran Sasso, del Velino Sirente, della Maiella  fino ad arrivare sulle montagne del Parco Nazionale d’Abruzzo.  Per non parlare della vista appagante verso le colline Teramane  che terminano verso il mare Adriatico.  La discesa è stata effettuata dapprima sulla Via Cieri (Maggiore medico degli Alpini) e successivamente sulla Via dei Laghetti del Monte Prena  fino a raggiungere l’Altopiano di Campo Imperatore.

Paolo

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