Il nevaio “perenne” di Fonte Rionne quest’anno ha sovvertito le leggi della natura: è tornato!

In corrispondenza  del bivio  per  Santo Stefano  di Sessanio, al limite delle collinette moreniche, si diparte una piccola sterrata che segue il percorso dello storico acquedotto di Rionne., già ampiamente trattato in un altri  articoli.  L’attraversamento  dell’Altopiano di Campo Imperatore   dà un’idea di come la catena orientale del Gran  Sasso si sia sollevata nelle  varie ere geologiche.  Dopo circa un’ora di cammino,  godendo del panorama sulla parete EST del Corno Grande, si arriva ad un vecchio pluviometro,  oramai diruto con un piccolo manufatto  dove confluiscono  due prese dell’acquedotto.

Dopo aver attraversato un greto sassoso con residui di acqua proveniente dai nevai circostanti si  arriva  ad un  casotto dove una piccola cascata confluisce nelle grate in ferro  poste a protezione dell’imbuto di raccolta  evitando l’ostruzione di  pietre trasportate dall’acqua, specialmente nel periodo primaverile dove l’abbondante fusione della neve  costituirebbe  un pericolo per il vaso di raccolta. L’impluvio e i canaloni attorno a Fonte Rionne durante l’era glaciale dovevano ospitare svariati piccoli ghiacciai che , confluendo tutti nell’omonimo  fosso, probabilmente alimentavano un unico ghiacciaio fino a raggiungere   l’immenso Altopiano di Campo Imperatore, infatti le tracce sono ancora visibili, nonostante  la sua sede sia stata potentemente incisa dall’erosione e dal carsismo.  Tra grossi macigni si risale il  vallone, che piega verso destra  ed assume una forra circondata da alte guglie rocciose. Alla quota di 1965m  circa inizia  il bacino di raccolta del nevaio “perenne”  le cui dimensioni,  al termine della stagione estiva,  possono oscillare tra una lunghezza  di 50-70 metri ed una larghezza di 15-25  metri con una profondità  variabile tra m 3-4.

Quest’anno, nonostante le torride stagioni estiva e autunnale, le “contenute” precipitazioni dell’inverno 2022-23, la natura è stata sovvertita: il nevaio c’è,  le cui dimensioni, seppur ridotte, hanno atteso la neve nuova. Chissà, un’inversione di tendenza? Lo scopriremo nei prossimi anni… (Lunghezza m 15, larghezza m 9, profondità m 1,50).   

Paesaggio da alba del mondo o da finisterrae a seconda che,  come in immagini oniriche e surreali si presentino, all’improvviso, mentre sali per una forra calcinata ardite guglie da mondo in formazione · (mani levate ad invocare non si sa bene cosa), ovvero la devastazione di rocce crollate, sgretolate, sbriciolate, tutto seguitando inesorabilmente a precipitare a valle per formare quegli immensi fiumi di pietre che maestosi di distruzione solcano il giallo della piana di Campo Imperatore. Patetiche, a tratti, zolle erbose sopravvissute a tanto sfacelo, ricche, tuttavia e fuori tempo, di campanule; genziane, arniche. Parliamo dell’Infornace. Nome infernale. Siamo fuori dall’idillio della cartolina di montagna. La pioggia salda i detriti che ingobbiscono in mammelloni insidiosi. Gli Appennini qui non si sforzano   di somigliare alle Alpi. Sono se stessi: aridi, scorbutici, lunari, calcinati a tratti, vocati in ogni modo al deserto come per una missione di povertà. È qui che si trova un nevaio “perenne”: quello appunto ad ipsilon dell’Infornace. Tutto  esposto a sud-ovest, quasi a sfidare il sole di un Mediterraneo che intuiamo lontano, ma dalle aridità uguali, di uguali salsedini infeconde intendiamo dire. Sì, perché a tratti sembra un paesaggio di sale quello dell’Infornace.    Ti respinge e ti attrae.  Per coglierne il senso (perché un senso indubbiamente lo ha per la storia degli uomini che lo disboscarono e in una certa misura lo martoriarono), per coglierne il senso, si diceva, bisogna aver consumato tutti i paesaggi che si somigliano,  per somigliare tutti insieme all’ovvio del «bellissimo»: l’Alpe maestosa di rocce compatte,  poi i prati alti pettinatissimi e in basso il verde smeraldo cupo dei boschi. Niente di tutto questo all’Infornace.    Purtroppo noi siamo consapevoli spettatori di questo inarrestabile processo di riscaldamento globale, ma stiamo facendo poco o niente per salvaguardare il futuro di questo Pianeta.  

Il bacino di raccolta del nevaio
Dopo la nevicata: riconoscibili sulla sx la Torre di Casanova ed al centro il settore Infornace – Prena
I laghetti di Rionne
Il torrente che scende dai canaloni dell’Infornace
La Capanna al nevaio
L’uscita
Lo stretto Canalino Y
Una finestra verso l’immenso Campo Imperatore
La tundra di Campo Imperatore e la est del Corno Grande
Monte Infornace: la vetta 2469slm

 

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