Il nevaio “perenne” di Rionne, ubicato nella carta dell’l.G.M. F. 140, III. NE (42°26’05.5″N 13°40’14.1″E 42.434869, 13.670572), è scomparso: non era mai successo per due anni consecutivi e forse, con questo forte innalzamento della temperatura terrestre degli ultimi anni, non si formerà più. Del nevaio ne abbiamo parlato già diffusamente in altri articoli, http: (//www.icorridoridelcielo.it/il-nevaio-perenne-di-fonte-rionne-o-canalino-y/) oggi cercheremo di descrivere, il monte Infornace, corredato da alcune foto di qualche anno fa, quando la vedretta era viva.
Paesaggio da alba del mondo o da finisterrae a seconda che, come in immagini oniriche e surreali si presentino, all’improvviso, mentre sali per una forra calcinata ardite guglie da mondo in formazione · (mani levate ad invocare non si sa bene cosa), ovvero la devastazione di rocce crollate, sgretolate, sbriciolate, tutto seguitando inesorabilmente a precipitare a valle per formare quegli immensi fiumi di pietre che maestosi di distruzione solcano il giallo della piana di Campo Imperatore. Patetiche, a tratti, zolle erbose sopravvissute a tanto sfacelo, ricche, tuttavia e fuori tempo, di campanule; genziane, arniche. Parliamo dell’Infornace. Nome infernale. Siamo fuori dall’idillio della cartolina di montagna. La pioggia salda i detriti che ingobbiscono in mammelloni insidiosi. Gli Appennini qui non si sforzano di somigliare alle Alpi. Sono se stessi: aridi, scorbutici, lunari, calcinati a tratti, vocati in ogni modo al deserto come per una missione di povertà. È qui che si trova un nevaio “perenne”: quello appunto ad ipsilon dell’Infornace. Tutto esposto a sud-ovest, quasi a sfidare il sole di un Mediterraneo che intuiamo lontano, ma dalle aridità uguali, di uguali salsedini infeconde intendiamo dire. Sì, perché a tratti sembra un paesaggio di sale quello dell’Infornace. Ti respinge e ti attrae. Per coglierne il senso (perché un senso indubbiamente lo ha per la storia degli uomini che lo disboscarono e in una certa misura lo martoriarono), per coglierne il senso, si diceva, bisogna aver consumato tutti i paesaggi che si somigliano, per somigliare tutti insieme all’ovvio del «bellissimo»: l’Alpe maestosa di rocce compatte, poi i prati alti pettinatissimi e in basso il verde smeraldo cupo dei boschi. Niente di tutto questo all’Infornace. Purtroppo noi siamo consapevoli spettatori di questo inarrestabile processo di riscaldamento globale, ma stiamo facendo poco o niente per salvaguardare il futuro di questo Pianeta.