Tra le tante proposte per incentivare il turismo sul Gran Sasso, si ricorda quella di Vittorio Rimondi, imprenditore ferrarese (nativo di Poggio Renatico) che, già in veste di amministratore unico delle società “Monte Cristo” e “Campo Imperatore”, nel 1963 acquistò dal marchese Giovanni Dragonetti De Torres, un area di circa 1744ha al prezzo di 250 milioni di lire una porzione di territorio posta in località: Fossa di Paganica. Senza scoraggiarsi per l’allungamento dei tempi di approvazione, da parte dell’Amministrazione Comunale dell’epoca, Rimondi , con tenacia degna probabilmente di miglior causa, grazie anche ad un finanziamento della Cassa per il Mezzogiorno, inizia nel 1968, proprio sui terreni di sua proprietà, la costruzione del centro turistico battezzato “Campo Nevada”, raggiungibile dalla statale 17bis per Campo Imperatore, in corso di costruzione, e formato dai due eleganti edifici dell’motel Valparadiso, a pianta circolare, modernamente arredato e il rifugio Lutetia (è il nome usato in italiano per designare una città della Gallia romana e preromana. La città fu rifondata dai Merovingi ed è l’attuale Parigi) per una clientela meno esigente, oltre ad un piccolo ristorante e due impianti di risalita lungo il versante nord di Monte Cristo che si affaccia alla Fossa di Paganica. Il centro avrebbe dovuto costituire il primo nucleo di un insediamento più ampio, tale da consentire il collegamento con l’adiacente zona di Monte Cristo, che le società di Rimondi intendevano realizzare fin dal 1966. L’iniziativa tuttavia, inaugurata nel marzo 1969, si rivelò disastrosa: il complesso risultò difficilmente accessibile alle automobili, dato che i mezzi spartineve del Comune e dello stesso Rimondi si rivelarono insufficienti a tenere sgombra la strada dalla neve, complici anche le eccezionali nevicate di quegli anni. Inoltre gli impianti di risalita furono chiusi quasi subito, a seguito di una relazione negativa sul rischio valanghe probabilmente del Corpo Forestale dello Stato. Già nel 1971 “Campo Nevada” scompare dai carnet propagandistici dell’ETP e di quella ambiziosa e sfortunata iniziativa restano oggi solo i ruderi dell’albergo e degli impianti abbandonati nell’altopiano della Fossa di Paganica, causando un ulteriore inquinamento.
Mentre si consumava nell’indifferenza dell’amministrazione comunale e dell’opinione pubblica il fallimento dell’iniziativa di Vittorio Rimondi, si faceva avanti un’altra società: la INSUD (Nuove Iniziative per il Sud spa), una finanziaria facente capo alla Cassa per il Mezzogiorno che, nel 1969, commissionava ad un gruppo di esperti facenti capo all’architetto Laurent Chappis di Champery, ideatore di rinomate stazioni alpine degli anni sessanta, uno studio di fattibilità sullo sfruttamento turistico del Gran Sasso. Lo studio presentato nel 1972, proponeva di creare una stazione di sport invernali nella zona di Monte San Franco, a nord di Campo Imperatore, tra i comuni dell’Aquila e di Pizzoli: ma su questo torneremo in un altro capitolo……