Certe associazioni, come gli organismi in natura, nascono e si sviluppano spontaneamente quando e dove esistono le esigenze e le giuste condizioni di crescita. Il Soccorso Alpino in Abruzzo è nato e cresciuto nelle adiacenze meridionali del Gran Sasso, a L’Aquila, perché attraverso questa città, per note ragioni storiche e geografiche, è passato il maggior flusso di escursionisti ed alpinisti che hanno frequentato la montagna abruzzese. Sul versante settentrionale infatti, per evidenti ragioni morfologiche, esclusa l’eccezione di Orazio Delfico nel 1794, la frequentazione sistematica del Gran Sasso è cominciata nel 1925, con gli “Aquilotti del Gran Sasso”, ma è rimasta ad essi circoscritta fino a quando non è stata costruita la strada di Pietracamela ed è poi dilagata, ma in tempi molto recenti, con la costruzione della stazione turistica di Prati di Tivo. Maggior numero di alpinisti e di escursionisti significa, in termini statistici, maggior numero di incidenti e l’automatica esigenza di sviluppo dei mezzi per rimediare ad essi. Infatti, come vedremo, i momenti evolutivi più significativi di quell’associazione, che prenderà il nome di Soccorso Alpino, sono strettamente legati ad incidenti che, per un motivo o per l’altro, hanno avuto più grosso eco presso l’opinione pubblica. Nel novembre del 1905 Angelo Leosini, giovane naturalista di nota famiglia aquilana, perde l’orientamento nella bufera, scendendo dal Corno Grande, e precipita nel balzo roccioso che sovrasta il sottostante Vallone dei Ginepri. Verrà ritrovato solo in agosto dell’anno successivo da Pietro Di Venanzio, guida di Pietracamela, ma, anche se inutili per il cattivo tempo e le abbondanti nevicate sopraggiunte, intense attività di ricerca vengono compiute da parte di amici, militari, guide di Assergi che operano dal versante aquilano. Tra gli anni 1920-30 nascono le organizzazioni alpinistiche universitarie e nel 1926 vengono, per la prima volta, tenute lezioni ed esercitazioni di soccorso alpino. Vi partecipano molti dei nomi che faranno la storia dell’alpinismo del Gran Sasso di quel periodo e vengono gettate le basi di una organizzazione di volontari, predisposte ad intervenire, per pura solidarietà, in caso di incidenti in montagna. Si è in sostanza già entrati, di fatto, nel concetto di fondo che informerà l’attività del futuro Soccorso Alpino. Negli anni immediatamente successivi una serie di casi –dal più noto di Mario Cambi e Paolo Emilio Cichetti (1929) che muoiono per sfinimento nella bufera, lungo la bassa Val Maone durante il ritorno, dopo aver compiuto diverse scalate invernali, a quelli di Achille Pagani (1929) travolto da una valanga , di Ranieri e D’Onofrio (1930) anch’essi travolti da valanga sotto la “Direttissima” del Corno Grande e O. Menghini (1931) che scivola e va giù al Passo del Cannone , ai numerosi incidenti e smarrimenti seguiti all’apertura della Funivia di Campo Imperatore (1934)- senza citare i casi rimasti spesso sconosciuti di incidenti a pastori e greggi, mette a seria prova l’opera dei soccorritori e ribadisce la convinzione della necessità di una stabile organizzazione di soccorso. Ma sopraggiungono la guerra d’Africa prima, la seconda guerra mondiale con il suo lungo strascico di disagi poi e quello di pensare alla montagna ed ai problemi ad essa connessi diventa un lusso improponibile. Intorno agli anni ’50, del secolo scorso, ricomincia l’attività e con essa gli incidenti e le operazioni di soccorso. Nel 1954 la Sezione dell’Aquila del Club Alpino Italiano acquista, col contributo del locale E.P.T. un canotto AKIA e una barella SAT che vengono dislocati a Campo Imperatore. Si è entrati nell’ordine di idee che i mezzi improvvisati non sono più rispondenti alle esigenze e che conviene operare con i mezzi predisposti e specifici che, sotto la spinta dei più progrediti paesi alpini, Svizzera in testa, la tecnologia mette a disposizione. Nel 1957 il gruppo più dinamico che opera nella Sezione dell’Aquila del CAI, capeggiato da Domenico D’Armi, sotto la presidenza di Nestore Nanni, formula ed invia alle competenti autorità la richiesta ufficiale per l’istituzione di una “Stazione di Soccorso Alpino” a L’Aquila e di un posto fisso di chiamata alla Sella di Pratoriscio, oggi conosciuta con il toponimo di Campo Imperatore. Segue un dibattito sulla stampa locale, in cui si discute sulla necessità ed opportunità di tale iniziativa. Vengono ad ogni modo organizzate lezioni di “pronto soccorso”, tenute dal Dr Vincenzo Di Marco, per i futuri Volontari del Soccorso Alpino. Il 21 ottobre 1958 un caso clamoroso, che ha eco nazionale, taglia la testa al toro: tre ricercatori dell’AGIP Mineraria si smarriscono e muoiono nella bufera sulle falde meridionali del Monte Camicia. Alla ricerca, che dura quattro giorni, partecipano, oltre al nutrito gruppo della Sezione dell’Aquila del CAI, numerosi volontari provenienti dai centri montani adiacenti, corpi militari ed una squadra dei Scoiattoli di Cortina. I corpi dei tre sventurati vengono ritrovati il 24 ottobre. L’AGIP, oltre al ringraziamento del suo Presidente Enrico Mattei, simboleggiato dalla medaglia della protettrice S. Barbara, devolve la somma di £ 300.000, alla Sezione dell’Aquila del CAI, quale tangibile riconoscimento per l’opera prestata. Tra i componenti il gruppo dei soccorritori nasce una polemica sui criteri di utilizzazione della somma; essa infine viene destinata, quale parziale rimborso, ai soccorritori del CAI che perdevano la giornata di lavoro. Seguono subito i riconoscimenti delle autorità locali e l’autorizzazione ufficiale ad istituire la Stazione di soccorso oltre a vaghe promesse di futuri aiuti finanziari. Il 1° gennaio 1960 viene ufficialmente costituita la Stazione di Soccorso Alpino dell’Aquila, di cui viene nominato capostazione Nestore Nanni. Nel 1963, in concomitanza col grave incidente di Carlo Leone che rimane per tre giorni ferito alla base del III Pilastro, Domenico D’Armi assume il comando della stazione. Il 18 novembre 1966: l’istituzione si adegua ai criteri delle consorelle dell’arco alpino. Viene costituita la XX Delegazione (o Zona) che copra buona parte dell’Appennino Centrale; ne dirige l’opera un Consiglio Direttivo formato dai capistazione e presieduto da un Delegato, Domenico D’Armi, che oltre a promuovere e coordinare le iniziative delle stazioni rappresenta la Delegazione presso la Direzione Nazionale. Alla Stazione dell’Aquila, diretta ora da Alfonso Colacchi, seguono in tempi successivi quelle di Pietracamela con Lino D’Angelo, Pescara con Luigi Barbuscia, Cassino, Terni e Filettino. Ma il contributo finanziario da parte di enti pubblici è rimasto una promessa e la mancanza di risorse impedisce un’effettiva evoluzione dell’organizzazione; l’esigenza pressante del rinnovo e dell’adeguamento delle attrezzature, non soddisfatta dal poco materiale che la Direzione Nazionale elargisce di tanto in tanto, viene in parte colmata dalla spontanea rinuncia dei Volontari al simbolico rimborso che l’Assicurazione paga, solo quando l’infortunato è socio CAI. Nell’estate del 1974 si installa a L’Aquila anche una efficientissima squadra del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza, comandata dal Brigadiere Antonio Pace, che collabora amichevolmente ed efficacemente con gli uomini C.N.S.A.. Nell’ottobre del 1974 un altro caso, clamoroso per la straordinarietà dell’evento e per l’eco suscitato a livello politico oltre che di opinione pubblica, determina una ulteriore svolta: due funzionari della Regione, Luciano Marinacci ed Antonio Palumbo, perso l’orientamento nella fitta nebbia al Vado di Ferruccio, finiscono sul terreno tutt’altro che agevole del versante N ove rimangono bloccati. Le ricerche infruttuose dei primi due giorni si infittiscono, intanto una nevicata fuori stagione ricopre la montagna oltre i 1500m; a fianco delle squadre del CNSA e del SAGF si schierano numerose squadre di colleghi ed amici degli infortunati oltre a due elicotteri ed una squadra della Scuola Alpina dei Carabinieri provenienti dalla Val Gardena; le ricerche vengono premiate; il quarto giorno da un risultato che, viste le circostanze, ha del miracoloso: i due vengono ritrovati, malconci per una caduta e per la denutrizione, ma vivi, “sotto” il nevaio perenne che occupa il fondo della stretta gola del Fosso della Rava . L’esito doppiamente positivo delle operazioni fa sì che finalmente la richiesta di un contributo finanziario, da tempo ed insistentemente avanzata da Domenico D’Armi, viene presa in benevola considerazione dalle autorità della Regione e nel 1977, i tempi burocratici sono quello che sono, viene elargito un primo contributo regionale di £ 14.600.000 alla Delegazione del CNSA e viene approntata una proposta di legge che mira a rendere sistematico e suscettibile di aumento lo stesso contributo. Nel marzo del 1981 D’Armi rassegna le dimissioni: età avanzata, problemi di salute e di famiglia non gli consentono più di seguire le vicende sempre più complesse della Delegazione. Gli succede Domenico Alessandri, sostituito a sua volta, nella direzione della Stazione dell’Aquila, da Roberto Furi. Nel settembre del 1981 viene organizzato a Prati di Tivo il 1° Corso Regionale per tecnici di soccorso alpino: esso dura quattro giorni ed ha lo scopo di verificare, aggiornare ed uniformare tecniche e materiali e di agevolare l’affiatamento dei volontari di diverse stazioni in modo da rendere più immediata ed efficace la loro eventuale collaborazione. Nella circostanza viene consegnata a Domenico D’Armi un diploma con medaglia d’oro, in riconoscimento del lungo ed esemplare operato a favore del CNSA. Nel 1982 viene emanata la Legge Regionale che prevede, per il Soccorso Alpino Regionale, un contributo annuale di £ 30.000.000. Gli esperti di natura contabile, alla legge connessi, rendono inevitabile la separazione delle Stazioni che operano al di fuori dell’ambito regionale e, poiché anche Rieti ha chiesto l’istituzione di una Stazione di Soccorso, su proposta del Delegato della XX Zona, la Direzione Nazionale istituisce la XXI Delegazione Lazio, con le Stazioni di Cassino, Filettino e Rieti e la XX Zona diventa XX Delegazione Abruzzo. Anche l’assetto interno della Delegazione Abruzzo subisce di riflesso modifiche di natura non squisitamente logistica: la Stazione di Pietracamela era stata già da tempo trasferita a Teramo ed il gruppo di Chieti, che aveva operato fino ad ora alle dipendenze della Stazione di Pescara, chiede ed ottiene di diventare stazione autonoma. L’incidenza di comportamenti politico-diplomatiche, unite all’esigenza di coprire tutto il territorio della Regione, conferiscono alla Delegazione un assetto che tende a ricalcare quello amministrativo; viene istituito un gruppo a Sulmona e si fanno i primi passi per istituirne uno per la Marsica ed il Parco Nazionale, ma il 90% delle operazioni di soccorso, che raggiungono punte di venti l’anno , continuano ad interessare il Gran Sasso e le Stazioni dell’Aquila e Teramo. Visti i risultati del 1° Corso, l’importante iniziativa viene ripetuta e, con lo scopo di istruire ed addestrare sistematicamente le nuove leve di volontari ed aggiornare le vecchie, in modo da mirare ad un livello di prestazioni sempre più professionale, viene istituzionalizzato un corso annuale, che prevede anche esercitazioni con elicotteri, diventati oramai insostituibili mezzi di rapidità e sicurezza nei casi di traumatizzati gravi. Nel febbraio del 1983, tre volontari della Stazione dell’Aquila, Stefano Micarelli, Riccardo Nardis e Piermichele Vizioli, muoiono travolti da una valanga in un ripido canale, durante un’esercitazione sul versante N di M. Jenca: la grande tragedia, che colpisce e coinvolge tutta la città e la Delegazione, mette per un attimo in crisi gli ideali stessi che sono alle fondamenta della nobile istituzione. Ma è proprio perché quella morte acquisti un suo significato che la vita dell’associazione deve continuare. Vengono progettate e costruite piazzole per elicotteri nei punti logisticamente più importanti del Gran Sasso e della Majella. Nel dicembre del 1984, finanziato e patrocinato dalla Delegazione, viene organizzato dalla Stazione di Teramo un convegno di elevato livello scientifico su “Medicina e Montagna”. Nello stesso anno la Cassa di Risparmio dell’Aquila fa dono, alla locale Stazione del CNSA, di una campagnola FIAT del costo di £24.000.000 e, attingendo nei fondi propri, la Delegazione attrezza di analoghi mezzi, anche se usati, la Stazione di Teramo prima e quella di Chieti poi. Ormai l’equipaggiamento e le attrezzature di cui le squadre possono disporre sono di prima qualità, anche se c’è ancora da lavorare per la selezione e la preparazione dei volontari. Nel maggio del 1986 Alessandri non accetta il rinnovo della carica di Delegato per il triennio successivo. Sulla sua decisione, giustificata da sopraggiunti impegni familiari e professionali, ha comunque giocato un ruolo non indifferente l’affiorare, in più di una Stazione, di laceranti tensioni, ispirate da motivazioni poco consone con i nobili principi su cui l’istituzione è basata. Gli succede il Vice Delegato Luigi Barbuscia. Il resto è storia attuale.
Come avvenne nel 1974, quando fu fondata a L’Aquila la Stazione SAGF, che collaborò attivamente con il CNSA, nel 1999 fu istituito l’Elisoccorso facente capo al Servizio Sanitario Nazionale con il numero unico per i soccorsi: 118. Anche in questa occasione fu proposto al SAGF di operare in sinergia con il CNSA, cioè di utilizzare l’elicottero, ovviamente con i naturali corsi preventivi. Una fitta corrispondenza seguì con i comandi militari, il servizio sanitario locale e la sezione del Club Alpino Italiano dell’Aquila, purtroppo questa convenzione non fu mai firmata e a tutt’oggi tutto tace. Infatti, oggi vediamo che i due organi di soccorso operano in maniera autonoma, dimenticando che i veri professionisti della montagna sono gli uomini del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza .
L’importanza del “soccorso alpino” è senza dubbio destinata a crescere, poiché essa è strettamente vincolata all’aumento, in questi ultimissimi anni, del flusso di persone che frequentano la montagna. Ma il ruolo sociale che il CNSA potrà giocare, a fianco dei Corpi dello Stato e di altre associazione volontaristiche, dipenderà molto, oltre che dalla dedizione, dal rispetto della nobiltà d’intenti che ha informato il suo passato. Se esso saprà conservare il grande privilegio di non dover conseguire, mediante il soccorso, secondi fini, e saprà respingere la tentazione all’esibizionismo inteso sollecitare il pubblico riconoscimento, la sua immagine ne uscirà vivificata. Se lo spirito dei “Samaritani delle Alpi” del buon Bruno Toniolo sopravviverà, il contributo dei volontari continuerà ad essere comunque impagabile, ed è quello che ci auguriamo.
A far data dal 1976 , in Europa è stato attivato il numero UNICO di emergenza 112, è il numero di telefono per contattare i tutti i servizi di emergenza nell’Unione europea, attivo (almeno parzialmente) in tutti gli stati europei. La decisione di istituire definitivamente un numero unico per tutta l’UE risale al 1991 e ora è stata implementata dalla quasi totalità degli Stati membri. La promozione della conoscenza e di un impiego efficiente del numero 112 in Europa è l’obiettivo primario dell’EENA (European Emergency Number Association), un’associazione non-profit con sede in Belgio. Nel 2004, l’Unione europea ha deciso che, entro il 2008, il NUE 112 avrebbe dovuto essere esteso a tutti i Paesi membri dell’UE. Molti paesi a decisione comunitaria approvata (2004) si sono adeguati praticamente subito alla normativa; l’Italia, al contrario, non si è adeguata alla direttiva dell’Unione europea nei tempi previsti e per questo motivo è stata sanzionata dall’UE. La Commissione europea nel 2007 ha infatti presentato ricorso contro la Repubblica Italiana e il 15 gennaio 2009 ha ottenuto la condanna dalla Corte di giustizia dell’Unione europea; i giudici europei hanno infatti riconosciuto l’inconsistenza delle misure sperimentali adottate dall’Italia. Tuttavia la buona volontà del Governo della Repubblica Italiana aveva permesso la sospensione delle sanzioni, ma nel dicembre successivo, dato che l’Italia non aveva ancora manifestato segnali, né positivi, né negativi, l’UE l’ha richiamato nuovamente, minacciando sanzioni onerosissime. Nel 2008 solo il 22% della popolazione europea sapeva del largo utilizzo in Europa del numero unico di emergenza. Allo scopo di aumentare la consapevolezza sul 112, nel 2009 la Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno firmato una risoluzione che ha istituito l’11 febbraio quale “Giornata europea del 112”. Nel 2013, già il 27% dei cittadini europei conosceva l’uso diffuso del 112. La percentuale in Italia era del 5%. Dal 2009 fu attivato il modello “NEU 2009 integrato” nelle province di: – Biella – Brindisi – Modena – Pistoia – Rimini – Salerno. Solo il 20 gennaio 2016 il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto attuativo per l’introduzione in Italia del numero unico per le emergenze “112”. Purtroppo oggi in Italia le percentuali sono ancora bassissime, siamo ancora al 20% dell’intera copertura nazionale. Solo quando anche la Regione Abruzzo si adeguerà al numero UNICO di emergenza saranno allertati per primi i competenti settori istituzionali, come in questo caso il SAGF (Soccorso Alpino della Guardia di Finanza).
Alcuni dati statistici: Negli anni ’70 sul territorio regionale vengono effettuati mediamente una ventina di interventi l’anno, di cui il 90%, delle operazioni di soccorso, interessano prevalentemente il Gran Sasso e, di conseguenza, le Stazioni di L’Aquila per il 60% e Teramo per il 30%. Dagli anni ’70 in poi il numero degli interventi è andato sempre più aumentando a seguito dal maggior numero dei frequentatori della montagna, con le stesse, più o meno, percentuali già sopra descritte. Infatti nel quinquennio 2014-2019 gli interventi di soccorso in montagna nella nostra regione hanno avuto un forte incremento, attestandosi a ca 100-110 su base annua così distribuiti: Stazione dell’Aquila: 60%; Teramo 20%, Penne (Pescara) 10%; Chieti-Sulmona 5%; Marsica 5%.
E pensare che i soccorsi in tutto l’arco alpino, laddove è richiesto l’uso dell’elicottero, vengono attivati solo dalle quattro basi operative distribuite negli aeroporti più vicini alle montagne. Infatti la stazione di soccorso alpino con in dotazione l’elicottero che copre le Prealpì Liguri è posizionata a Cuneo.