La raccolta e la conservazione della neve, o piuttosto del ghiaccio naturale, anche ai fini del suo commercio, incontra in Italia una delle aree di diffusione più antiche d’Europa, sembra risalire all’epoca romana e trova applicazione, praticamente senza soluzione di continuità, fino al secondo conflitto mondiale, nonostante alla fine del secolo scorso abbia subito un duro colpo, a causa dell’arrivo del ghiaccio di produzione artificiale. Quando neve e ghiaccio erano l’unica fonte del freddo, in molte città esisteva una neviera, dove la neve era depositata e conservata per tutta l’estate. La neviera della città dell’Aquila, per esempio, consisteva in una struttura cilindrica sotto il piano stradale, un pozzo avente il diametro di 5 metri e mezzo e profondo 20 metri: poteva contenere fino a 500 metri cubi di neve. La neve veniva introdotta dall’alto ed era possibile accedere fino al fondo della struttura grazie ad una scala a chiocciola appoggiata alla parete. In alcuni casi il commercio della neve metteva in moto una non disprezzabile attività economica, la cui gestione poteva essere lasciata ad imprenditori privati, oppure organizzata dal comune (privativa). Anche se i “nevaroli” sirentini sono attivi fin dal XVI secolo, la regolamentazione della raccolta-vendita del ghiaccio risale al 1627, con il primo “appalto delle nevi” a L’Aquila, con cui veniva dato mediante gara, l’incarico alle ditte interessate di provvedere ai fabbisogni della città. Essa veniva usata, oltre che per conservare gli alimenti e per la preparazione dei sorbetti, negli ospedali per lenire la febbre.
Le neviere erano costituite da fosse che venivano ricavate sfruttando solitamente depressioni naturali, sui versanti freschi e poco soleggiati, preferibilmente esposti a nord-est, meglio se negli ombrosi sottoboschi o in loro prossimità. La Neviera del Sirente sfrutta proprio una di queste cavità (doline) ad imbuto proprio sotto la parete della montagna. Non esistono documenti scritti relativi al modo di conservazione della neve all’interno delle neviere e al metodo di prelievo del ghiaccio, ci si deve affidare alla tradizione orale. Le varie fasi dell’operazione possono essere schematizzate nella maniera indicata qui di seguito.
* Nel corso dell’inverno, trascorsi alcuni giorni dalle nevicate, allo scopo di ottenere un primo assestamento della neve ed una certa umidità, l’imprenditore ed i suoi collaboratori o familiari salivano in montagna e raccoglievano la neve nei dintorni, mediante ceste di vimini, riversandola poi nella buca precedentemente predisposta.
* Una volta immessa nella neviera, la neve doveva essere sistemata in maniera da non lasciare spazi vuoti che avrebbero permesso l’ingresso dell’aria e favorito di conseguenza lo scioglimento. Per questo motivo essa veniva pigiata con i piedi e con l’ausilio di pale fino ad ottenere uno strato compatto e uniforme.
*Una volta riempito lo spazio a disposizione, la neviera veniva accuratamente coperta con ramaglia e fogliame o, se disponibile, con paglia: lo strato di materiale vegetale aveva la funzione di coibente termico.
* Un processo di metamorfismo , accelerato dalla compressione, trasformava gradualmente la neve in ghiaccio granulare durissimo tanto che quest’ultimo doveva, al momento del prelievo, essere tagliato con seghe ed accette in blocchi squadrati.
* La commercializzazione di tali blocchi di ghiaccio avveniva in città, quasi esclusivamente su ordinazione: il prodotto arrivava ai luoghi di destinazione nel corso della notte tramite asini o muli, trasportato in sacchi di iuta foderati esternamente di paglia o fogliame. La neve del Sirente arrivava così fino alla lontana Bari. Nel caso della montagna sirentina le operazioni sopra descritte erano semplificate, per il forte innevamento dell’area, e così i “nevaroli” non dovevano far altro che aspettare il momento propizio per tagliare il ghiaccio.
L’ITINERIO PER LA NEVIERA DEL SIRENTE
Da Rocca di Mezzo o da Secinaro si percorre la strada provinciale che collega i due paesi fino al km 12,350 dove è stato ricostruito lo Chalet “Sirente” (aperto solo d’estate o su prenotazione con possibilità anche di pernottamento). Qui si parcheggia. Proprio di fronte alla costruzione, sulla parte opposta della strada, è situata Fonte dell’Acqua con un piccolo invaso , perimetrato da muretti a secco. A destra del manufatto (sud) , parte l’evidente mulattiera che conduce alla Valle Lupara. Percorsi 300m (q.1228) si lascia a destra il tracciato che porta alla Valle Inserrata (Canalone Majori, scritta su un masso) e si segue il percorso che si inoltra nella Valle del Condotto. Si continua sul fondovalle, su percorso sempre evidente, ignorando le deviazioni, fino ad arrivare all’altezza della Pietra dell’Aura (q.1340, 0,30’) e successivamente ai prati di Piano di Canale. Al limite dei prati, a q. 1350, a destra un sentiero nel bosco sale verso lo Stazzo dello Scurribile (q. 1750, h1,15’ – h1,45’). Dallo slargo sottostante lo stazzo, si gode una bella vista sull’ambiente roccioso circostante. Si attraversa la pietraia della Neviera alla base e si incrocia in alto il sentiero proveniente da Fonte Canale, si sale ai margini del bosco fino ad uscirne. Per un ripido sentiero si costeggia una parete rocciosa, chiamata dai locali Peschio Pedone, fino ad arrivare alla Neviera (q. 2030 h 2,45’ dallo Chalet).
La Neviera del Sirente è incastonata in un ambiente severo, delimitata ad est dalla Punta Gattoso, ad ovest dalla Punta Pedone e a sud dalla cresta sommitale. La splendida vista panoramica abbraccia il Gruppo del Gran Sasso e il Massiccio della Majella.
Dalla questa vedretta c’è la possibilità di raggiungere, attraverso passaggi di II e III di rocce rotte, la cresta sommitale e successivamente la Vetta del Sirente 2342slm, ridiscendendo poi per la Valle Lupara. Il tratto per arrivare in cresta è molto delicato, si consiglia di prestare la massima attenzione.