Dalle lacunose informazioni ricevute dai valligiani si sa che sono miseri mozziconi a conci grandi ben lavorati, uniti in alcuni punti, con legante, il che porta ad escludere che si tratti di una costruzione pastorale, ma di una presunta grancia, meglio conosciuta dalle persone anziane del vicino paese di Lucoli, come: “Santo Jaco”. Inoltre, analizzando la mappa satellitare si intravede anche un perimetro esterno alle “mura”, con ogni probabilità dovevano essere “I Mandroni”, come nella più nota Grancia Cistercense di Santa Maria del Monte di Paganica. Tanti anni fa anche il Prof Carlo Tobia, cartografo e socio emerito della Sezione Aquilana del Club Alpino Italiano, cercò notizie sul sito, senza risultati certi, tuttavia lo denominò “il conventino”. Nei primi anni del nuovo millennio, anche il Prof Fabio Redi, dell’Università dell’Aquila, si occupò di questo luogo, anch’esso non trovò scritti in merito. Inoltre, nell’unico sopralluogo effettuato, il Prof ricorda di aver rinvenuto una pietra a forma circolare, presumibilmente appartenente ad un mulino a trazione animale. Il sito è posizionato alla ragguardevole quota di 1868 slm tra i toponimi “Il Laghetto” e “Vallemara” rientrando sicuramente nel perimetro del comune dell’Aquila (Circoscrizione di Bagno) (Carte IGM e Regionale Topografica foglio 359 Tavola Ovest).
Insediamenti estremi d’altura nell’Abruzzo interno di Fabio Redi
(Pubblicazione “European Journal of Post Classical Archaeologies” 10 gennaio 2014
L’indagine, oltre alle caratteristiche strutturali del costruito, ha affrontato alcuni quesiti riguardanti le motivazioni dell’assenza di insediamenti laici d’alta quota (fra 1300 e 1800 m) dove i siti esaminati sono unicamente celle monastiche e annessi per stabulazione a cielo aperto o in grotte artificiali. Il taglio del bosco e donazioni di distese rocciose d’alta quota corrispondono alla ripresa della transumanza confermata da un’Assise di Guglielmo II del 1172, con forme di transumanza verticale e orizzontale, stagionalità o non delle strutture esaminate.
Oggi parliamo della “Cella S. Iaco al Laghetto”
- denominazione; S. Iaco al Laghetto – Gruppo m. Ocre – monti di Bagno
- dipendenza: probabilmente dal monastero di S. Giovanni di Lucoli a Collimento.
- georeferenzazione: 468157898-36927161.
- quota: 1792 m.
- ubicazione: sulla dorsale del monte di Bagno, affacciato sulla valle dell’Aterno fra Casamaina e Bagno, presso una dolina carsica denominata Laghetto.
- attestazione documentarie, non identificate.
- bibliografia: praticamente inedita e mai segnalata. Vedi Redi c.s.
- cronologia: XII-XIII secolo.
- estensione: circa 2500mq.
- descrizione: il complesso edilizio, quasi completamente diruto, risulta organizzato in due bracci trasversali, lunghi approssimativamente 40 m. Uno di essi, con andamento nord sud, attribuibile probabilmente alla chiesa, è suddiviso in due ambienti da un muro trasversale che divide l’ambiente consecutivo con la facciata, con probabile copertura lignea, dal successivo, coperto con volta a botte, dalla quale restano le imposte. L’aula presenta terminazioni rettilinee e alcune finestre architravate a feritoia strombata verso l’interno, due nel lato destro, una nel sinistro, fortemente sommerse dal crollo delle pareti. Nel cantonale destro della facciata è inserito come spoglio una macina circolare collocata in verticale. Adiacenti ai due bracci del complesso monastico si distinguono i muri a secco degli stazzi per le pecore detti “mandroni” e le basi circolari di capanne a “tholos”. Il numero contenuto di capi di bestiame custodibile nei “cervoni” o “locce” dell’insediamento monastico in esame, circa 1000, oltre a una diversa forma di reclusione e concentrazione delle pecore: in pertugi sotterranei stretti e a capienza limitata anziché in ampi recinti a cielo aperto sembra sottendere forme di pastorizia diverse da quelle di Campo Imperatore, ma pur sempre stagionali, probabilmente più prolungate nel tempo e a transumanza verticale.