Oltre ad essere il pioniere assoluto della meteorologia moderna e l’antesignano della branca previsionale di questa scienza, Robert FitzRoy fu anche il primo a concepire l’idea di rendere le previsioni meteo disponibili al grande pubblico. L’uomo che per primo al mondo, dalla nascita del metodo scientifico in poi, ebbe la pazzesca intuizione di associare il termine “previsione” a ciò che prima era solo oggetto di mera osservazione, e capace di maturare l’ancor più folle tentativo (che fu purtroppo anche la sua rovina) di rendere le previsioni meteorologiche meritevoli di divulgazione mediatica e darle quindi in pasto al grande pubblico, fu un ufficiale della marina britannica, il capitano (poi vice-ammiraglio) Robert FtzRoy, colui che negli anni trenta del diciannovesimo secolo, da giovane comandante del brigantino “Beagle”, aveva raggiunto la Terra del Fuoco (dove gli verrà poi intitolata una delle più affascinanti vette della Patagonia e del mondo, allora montagna sacra per il popolo mapuche, oggi icona per gli alpinisti di tutto il globo) con un equipaggio di 74 uomini, fra cui un ufficiale naturalista ventiduenne al secolo Charles Darwin – che durante quel viaggio intorno al mondo raccolse le sue celebri osservazioni sulle specie, in base alle quali sviluppò la teoria dell’evoluzione – . E’ davvero incredibile come il caso abbia incrociato così direttamente le vite di due giganti nella storia della Scienza, capaci di costituire, con le loro opere, i pilastri assoluti rispettivamente della biologia e della meteorologia.
Immagine satellitare moderna
La derisione, gli insulti e la cattiveria dell’opinione pubblica (dinamiche che oggi viaggiano alla grande sui social, ma evidentemente sono sempre esistite), cresciute sul fertile terreno tanto del nervosismo e della diffidenza mostrate dalla comunità scientifica, quando dell’ovvia ostilità da parte della Chiesa d’Inghilterra, trascinarono rapidamente Robert FiotzRoy nello spietato pozzo a spirale del crollo della popolarità e nel baratro dell’insuccesso, gli costarono una profonda depressione, finché durante una piovosa domenica di primavera, non prima di aver dato un ultimo bacio alla figlia Laura, il 30 aprile 1865 scelse di sottrarsi al peso oramai insopportabile dell’incomprensione e dell’immeritato scherno, chiudendo –a sessant’anni esatti- la propria sofferta esistenza di uomo troppo in anticipo sui tempi. La sua incredibile avventura –nella quale solo un navigatore ed esploratore di lungo corso poteva lanciarsi così allo sbaraglio, oltre le colonne d’Ercole della scienza del tempo- nel tentare di cavalcare e di prevedere le onde dell’evoluzione atmosferica, ha aperto all’umanità la strada delle possibilità meteorologiche operative di cui oggi disponiamo quotidianamente, scontrandoci sovente con le stesse problematiche di blocco culturale, di analfabetismo scientifico e di perversi fenomeni sociologici (oggi li chiamiamo haters o leoni da tastiera) nei confronti dei personaggi pubblici e/o istituzionali, dinamiche che espongono regolarmente i meteorologi (tanto quelli che lavorano dietro le quinte, per esempio nelle preziose attività del sistema di allertamento che si svolgono 365 giorni l’anno e 24 ore al giorno nelle sale dei Centri Funzionali, quanto quelli che nello svolgere questo mestiere mettono la propria faccia in tv, davanti a milioni di persone) al giudizio distorto di un’opinione pubblica secondo la quale, oggi come ai tempi di FitzRoy, una previsione meteorologica che non si avvera è una previsione sbagliata, proseguendo a ignorare (ormai colpevolmente) ciò che 150 anni fa era effettivamente ignoto anche alla Scienza, ma che poi il cammino della ricerca scientifica ha compreso e spiegato nei decenni a seguire. E allora crediamo sia quanto mai attuale e istruttivo sottolineare ciò che colui che, per primo al mondo, si cimentò nella clamorosa innovazione di prevedere – che tempo fa -, non perdeva occasione per sostenere: “Forecast are expressions of probabilities and not dogmatic predictions, nozione che al giorno d’oggi – a oltre 150 anni di distanza – suona ancora sconosciuta all’utenza (non solo quella generalista del grande pubblico, ma talvolta anche quella scientifica, a partire da chi sul territorio ha l’autorità e la responsabilità di prendere decisioni a tutela dei propri cittadini) e dovrebbe quindi essere scritta a lettere d’oro su qualsiasi bollettino di previsioni meteorologiche e su qualsiasi allerta, nonché scorrere in sovraimpressione durante qualsiasi rubrica televisiva di previsioni del tempo. Vogliamo provarci? Mettiamolo magari fisso sotto la scritta “Mediaset”, quando scorrono in TV le immagini satellitari, o inseriamolo di default nel sottopancia che annuncia il nome e cognome del meteorologo di turno: “ladies and gentlemen, LE PREVISIONI NON SONO CERTEZZE MA PROBABILITÀ, firmato vice-ammiraglio Robert FitzRoy”.