Una bella montagna, dalla caratteristica forma piramidale, detta anche anticamente Roccacagno, dagli abitanti del vicino paese di Rocca di Cambio. Questa cima, con i suoi 2153 metri, costituisce la propaggine più alta verso est della lunghissima cresta che si snoda dall’abitato di Roio, raggiunge il monte La Quartora, conquista i 2000 metri con la vetta dei Monti di Bagno, prosegue per il monte Ocre che, con i suoi 2208 metri, è la cima più alta del Gruppo. Oggi descriveremo, in parte, la severa salita per i contrafforti del crinale nord del Cagno, partendo dall’abitato di San Martino.
Una prima idea era quella di salire l’Infornace per il versante sud; una copiosa nevicata notturna aveva suggerito di cambiare itinerario e destinazione, per cui la mattina del 7 dicembre scorso abbiamo deciso di dirigersi verso l’Ocre. Durante il consueto caffè mattutino a Civita di Bagno, da Lorenzo, si intravedeva il dirupato e ripido versante nord della catena dei Monti di Bagno, era invaso dal vento di tramontana che sollevava quasi tutta la neve caduta nella notte precedente. Certamente le aspettative erano altre, comunque la determinazione era tale che, seppur con difficoltà, avremmo senz’altro raggiunto il “Muraglione”, manufatto costruito nel 1838 dal Comune di Ocre per delimitare il territorio comunale da quello di Rocca di Cambio, sarebbe stato l’obiettivo minimo. Dal monumentale fontanile di San Martino si attraversa la carrozzabile per l’altopiano delle Rocche, per imboccare un largo sentiero che conduce al Rifugio Malequagliata. Abbandonata questa mulattiera, dopo circa 300 metri ci si dirige verso le balze erbose dell’Acquazzese , dove negli anni ’60 – ’70 è stato impiantato un frutteto, con la prerogativa di una eventuale reintroduzione dell’orso. Raggiunto il pianoro, di fronte a noi si apre uno scenario incredibile: tutta la bastionata del Cagno è tormentata da un fortissimo vento formando dei turbini di neve che cambiano direzione repentinamente. La vista appaga i nostri occhi ma lascia spazio ad una immaginazione di pericolo. La visuale “privilegiata” negli immensi contrafforti del Cagno crea una sensazione di smarrimento: di essere due formichine invisibili perse nella tormenta.
Tuttavia la determinazione è tale che, di lì a poco, viene raggiunto il famigerato “Muraglione”. Calziamo i ramponi e senza esitazione si affronta il ripido crinale. A questo punto la situazione si complica perché il forte vento e la neve sollevata continuano ad essere padroni della montagna. Tuttavia si continua, seppur in una situazione difficile. Proprio a ridosso del raggiungimento dell’agognata soglia dei duemila metri di quota, Pino ha un attimo di incertezza da cui capisco che stiamo al limite della sicurezza: bisogna tornare indietro, la montagna và rispettata: oggi ha detto no! Senza esitazione, piccozza alla mano, si cerca di ritrovare le tracce della salita, già rapidamente ricoperte dalla neve ventata. Ecco il motivo per ribadire, ancora una volta, un concetto molto importante: La nostra esperienza di alpinisti, escursionisti o speleologi ci ha insegnato quanto la montagna non vada sottovalutata e la si debba affrontare sempre con la dovuta consapevolezza, evitandone la banalizzazione che traspare, invece, da molta comunicazione, non solo pubblicitaria, fornendone un’immagine superficiale e distorta. Ricordiamoci sempre che la montagna è così, un ambiente meraviglioso ma impervio, dove l’uomo è un fragile ospite e non deve mai dimenticare che gli errori si pagano caro: perché alla fine, quando “certi” incidenti accadono, quasi sempre di nostri errori si tratta.