Narra la leggenda che poi è la vera storia, se non fosse per la rivelazione dell’identità del “Dottore” che, per ora, come mi è stato “intimato”, deve rimanere segreta. Possiamo solo dare un indizio a tale riguardo: si tratta di un dirigente medico che ha prestato servizio nel nostro ospedale San Salvatore; da circa due anni è stato collocato in quiescenza per il naturale raggiungimento dell’età pensionabile. Per anni e ancora oggi le colline sopra al Convento di San Giuliano venivano e vengono frequentate da moltissime persone, ognuno con i propri obiettivi, chi giornalmente, chi settimanalmente, tutti amano farsi passeggiate, corsette, inventare pseudo vertical, ecc, sia per rinfrancar lo spirito che per tonificare il proprio fisico. Ognuno con le proprie velleità. Sempre nel corso degli anni si sono formati dei piccoli gruppi che, avendo gli stessi orari di partenza, piano, piano, hanno cominciato a correre assieme, non foss’altro per scambiare anche due chiacchiere, e l’occasione per fare pure qualche pettegolezzo. D’altra parte agli Aquilani è ben nota questa vocazione (Prof. Alessandro Clementi docet). Oggi parliamo di un gruppetto storico formato da Francesco Prosperococco, il più attivo, Lucio Ciocca, Massimo Rossi, fratello di una graziosa ragazza, soprannominata simpaticamente da un amico comune: “Colombina” e Giorgio Bevilacqua. I predetti, essendo una compagnia consolidata, sia per la “velocità di crociera” che mantenevano durante le loro scorribande, che per gli stessi stimoli, ma soprattutto amalgamati dall’amicizia che oramai era diventata parte integrante del gruppo, per la quale andavano a correre. Anche il “nostro” “Dottore” amava percorrere gli stessi itinerari, però in modo solitario con un piccolo ma rilevante particolare: i suoi orari coincidevano con quelli del gruppetto succitato, e come riferito da una voce amica, era anche un po’ invidioso di costoro i quali erano contenti e felici di ritrovarsi tutti insieme. I primi di settembre del 1995, il “Dottore”, coraggiosamente ruppe gli indugi, chiese ai “Quattro Amici” se poteva aggregarsi. Gli astanti accolsero l’innominato di buon grado, immediatamente pianificarono l’itinerario, e dopo le formalità di rito, cominciarono a salire per Monte Castelvecchio, meglio conosciuto come: “la Crocetta di San Giuliano” (Monte Castelvecchio o Rocca di Santanza, con esigui resti della fortificazione risalenti al XIII Sec.), per poi proseguire verso Monte Pettino, ultima asperità del percorso, laddove ci sarebbe stato il “giro di boa”. Infatti, proprio da quest’ultimo cocuzzolo cominciava l’appagante discesa che li avrebbe portati, dapprima alla Rocchetta di Pettino e successivamente verso le proprie auto, parcheggiate nei pressi della Fontanella di San Giuliano. Non appena superata la vetta di Monte Pettino, proseguendo verso ovest, il “Dottore” cadde rovinosamente al suolo. La paura e la preoccupazione dei presenti fu tanta, tuttavia non si persero d’animo: prestarono le dovute e risolutive cure all’infortunato e, dopo essersi tutti ricomposti, ripresero a passo più lento la discesa verso la Fontanella, transitando per la Sorgente Cascio, dove si diparte un antico acquedotto a servizio del Convento di San Giuliano.
Molto probabilmente la causa dell’incidente sono stati i quattro giovanotti che, immaginando l’ospite più forte di loro, velocizzarono il passo per poi rivelarsi fatale e non alla portata del “Dottore”, il quale, pur di non farsi staccare chiese al suo, già esile fisico, più di quanto potesse ottenere, con le conseguenze che sappiamo. Per altri versi, questo succedeva anche in altre “compagnie” quando, durante le rocambolesche scorribande, sempre sui sentieri di San Giuliano o altrove, qualcuno cominciava a “parlare troppo”, e qualcun altro, quasi involontariamente, “alzava la temperatura”, cioè aumentava la cadenza, di conseguenza la “radio accesa” si spegneva automaticamente. A volte il repentino cambiamento di ritmo si trasformava in vere e proprie “rasoiate” che toglievano perfino il respiro.
Ma torniamo ai fatti che ci interessano. A distanza di qualche giorno, dopo quella infausta giornata, Giorgio Bevilacqua, nel convocare gli amici di sempre per la solita corsetta, si espresse in questo modo: “Ragazzi! Oggi andiamo a “Passo del Dottore”. Dopo un’iniziale perplessità, il goliardico toponimo piacque così tanto che i quattro corridori, di comune accordo, fecero realizzare una piccola targhetta bifacciale e, con una palina a terra, il 1 ottobre del 1995 la collocarono sul punto in cui era avvenuta la caduta del “Dottore”, riportando la quota esatta di 1144 metri slm. Per anni questa piastrina è rimasta intatta, fino a quando un giorno di qualche tempo fa è scomparsa. Tuttavia qualcuno non si è perso d’animo: due brave persone, diversamente giovani, originarie della vicina frazione di Pettino, hanno voluto ricollocare una nuova piccola targa, ripiantandola sullo stesso punto, ma trascrivendo una quota sbagliata, 1147slm, la cui altitudine si riferisce all’adiacente Monte Pettino. Purtroppo anche questa successiva palina è andata perduta fino a quando, ancora una volta, gli ideatori hanno fatto incidere una nuova targhetta, questa volta, invece della instabile palina, l’hanno incastonata su un piccolo sasso affiorante vicino al sentiero, con la quota esatta di 1144m, quella che oggi troviamo sul posto.
Mi è stato riferito da Francesco Prosperocco, il trascinatore del gruppo, che nel 2015, a vent’anni dall’incidente, avrebbero voluto organizzare una piccola conviviale per rievocare l’episodio, magari invitando anche il “Dottore”. Ma l’iniziativa naufragò…
Come ultimo particolare a questo riassunto aggiungo: nei primi anni del nuovo secolo la buonanima del Prof. Carlo Tobia, noto cartografo, codificò il toponimo citandolo sul libro: “Fuori Porta la Montagna”.
Chissà: attraverso questo piccolo racconto, sarà proprio il “Dottore” a gettare la maschera e svelarci la sua identità… e magari ascolteremo anche la sua versione personale di quella simpatica giornata… Alla fine “qualcuno” ci ha rivelato l’identità del dottore: Enrico Storelli