Stavamo per assistere ad un’altra tragedia ma fortunatamente il pastore, con circa 300 capi di ovini, alla vista del meteo in forte peggioramento, stamane ha abbandonato frettolosamente la “suite” che gli aveva garantito un riparo durante la sua permanenza in quota per il pascolo estivo. A tale proposito, ricordiamo la drammatica tragedia accorsa a Pupi Nunzio e tutta la sua famiglia che si consumò tra il 13 e il 19 ottobre 1919, quando una forte depressione posta sull’Europa occidentale determinò un abbassamento delle temperature con conseguenti precipitazioni nevose a partire da 600-900 metri di quota. Nel caso del nostro pastore il ricovero pastorale è posto a 1700 metri di altitudine per cui poteva andare anche peggio, se non fosse stata una carrareccia che sale dall’abitato di Nerito sulla quale possono transitare adeguati mezzi meccanici. Effettivamente le belle giornate non fredde di Ottobre, prima di questa bufera, facevano presagire a tutt’altro scenario. Il manto erboso a quelle quote, con l’approvvigionamento dell’acqua in loco, garantivano ancora il pasto giornaliero alle 300 pecore che pascolavano sotto le pendici dell’Arco Cigliano (Campiglione), senza dover attingere già alle riserve invernali depositate nelle più sicure stalle nei pressi dei centri abitati. Sappiamo benissimo che il periodo del pastore di Roio, lontano oltre 100 anni fa, non era come quello presente in cui la temperatura media era sicuramente più bassa rispetto ad oggi. Capitava molto spesso all’epoca di assistere a delle nevicate precoci, ma soprattutto forti, anche a quote medio basse, pure a fine settembre. A quell’epoca non esistevano i mezzi di comunicazione che ci sono oggi, né tantomeno i cellulari dai quali poter apprendere le notizie meteo in tempo reale. Pastori, contadini e montanari solitamente cercavano di interpretare il tempo, o con i famosi proverbi popolari, oppure in base al movimento delle nubi dietro al monte di riferimento. C’è un detto popolare che recita: “Se ‘l fioca su la foia ven n’inverno che fa voia…”. Proprio in virtù di queste severe stagioni invernali, c’era la “famosa” Transumanza che, a partire dall’8 settembre, seguendo i tracciati, cosiddetti tratturi, garantiva il trasferivano delle pecore fino al Tavoliere delle Puglie dove permanevano tutto il periodo invernale, fino alla primavera dell’anno successivo. Tornando al nostro pastore deve avere avuto una gran paura, perché nell’umile ricovero ha lasciato tutte le provviste alimentari, la bombola del gas, gli strumenti per la mungitura delle pecore, l’”armadio” con i vestiti a faccia vista, il letto ancora “composto”, ma soprattutto ha lasciato tutto “aperto”, qualora ci fossero state porte, solo rudimentali cancelletti in legno di faggio. Inoltre ha lasciato anche una foto della grande Merilyn Monroe con la quale, forse, “trascorreva” le più belle notti d’estate. Comunque siamo tutti contenti: questa volta l’ha fatta franca, lui e i 300 capi.
Ricordiamoci sempre che la montagna è così, un ambiente meraviglioso ma impervio, anche per coloro che vivono di pastorizia, dove anch’essi sono fragili ospiti e non devono mai dimenticare che certi errori si pagano caro: perché alla fine, quando certe situazioni accadono, quasi sempre di nostre errate valutazioni si tratta, nonostante la tecnologia.