La prima fonte a citare l’esistenza del castello di Ocre è il Catalogus Baronum che cita Todino di Collimento della stirpe dei conti dei Marsi suo feudatario; pochi anni più tardi una bolla di papa Alessandro III del 1178 lo cita tra i possedimenti della diocesi di Forcona. Nel 1254 venne citato, col nome di “Cassari Castro”, tra quelli che venivano salvati dalla distruzione decisa per tutti i castelli della zona per favorire la fondazione della città dell’Aquila, perché di proprietà dal cancelliere di corte Gualtieri, erede dei conti d’Albe che possedevano il feudo fin dalla conquista normanna. Durante il regno di Carlo I d’Angiò, nel 1266 il castello passerà al Regno di Sicilia.
(Il bastione Est ante sisma 2009)
Sempre nel 1266, il castello venne saccheggiato dagli aquilani dopo la ricostruzione della città precedentemente distrutta da Manfredi con il supporto dei baroni del circondario. Carlo d’Angiò, inoltre, confiscò i castelli dell’aquilano, a seguito del loro appoggio a Corradino di Svevia, e nel 1269 quello di Ocre venne affidato a Morel de Saours, indicato a volte anche come Morello o Mauriello de Saurgio. Nel 1283 il castello sarà assegnato a Giovanni di Bissone e nel 1293 subì un altro saccheggio da parte degli aquilani. L’attacco più grave, però, sarà quello sferrato nel 1423 dal capitano di ventura Braccio da Montone. Perso il ruolo di difesa della città dell’Aquila, il castello si avvierà verso una progressiva decadenza: all’inizio del XVI secolo Ocre non sarà più citata come “castrum” ma come “villa”, con la popolazione che progressivamente abbandonò il borgo fortificato. Il castello in realtà è più correttamente classificabile come “borgo fortificato”. All’interno delle mura sono ancora visibili le antiche abitazioni, le case-torri e le strade. E’ ancora possibile, nonostante i numerosi crolli dell’ultimo terremoto del 2009, individuare i 74 appartamenti che formano il “borgo“.
(Il castello con il “drone” quando ancora non era stato inventato)
(Fossa osservato da Monte Circolo)
Ha una pianta a triangolo isoscele, con un perimetro di 470m, la base (che rappresenta anche il lato più corto) a nord-ovest ed il vertice del triangolo a sud-est. Nelle mura sono inserite sette torri, tre delle quali lungo il lato nord-ovest, con due ravvicinate sul vertice settentrionale, una al vertice meridionale, ed altre tre rompitratta in corrispondenza della mezzeria della cortina muraria: due sul lato nord-ovest ed una sul fianco nord-est, protetto naturalmente dallo strapiombo sulla dolina di Fossa. L’unico ingresso al castello si trova presso la torre d’angolo sul fianco ovest e consiste in una porta ogivale si presume risalga al XIII secolo e protetta da un sistema di difesa a tiro incrociato. Nella punta meridionale del borgo si trova la chiesa, dedicata a San Salvatore “inter castrum Ocre”. Costruita su tre navate con abside finale, risulta completamente diroccata, anche se si hanno sue notizie fino al 1581. Da questa chiesa provengono i resti di un affresco della metà dell’XII secolo, raffigurante una Madonna in trono col Bambino tra due figure, oggi al Museo Nazionale d’Abruzzo.
Attraverso un’accurata ricerca e la conoscenza del prof Giuseppe D’Annunzio, sono stati riscoperti i basamenti esagonali della chiesa a tre navate costruita all’interno del Borgo Fortificato di Ocre, oggi conosciuto come il “Castello” di Ocre. Questo ci fa capire l’importanza di questo Borgo le cui colonne sono uguali a quelle della Basilica di Collemaggio, San Bernardino, alle chiese di capoquarto e alle chiese più importanti d’Italia, S. Croce ecc…
Qualche anno fa una importante ditta di costruzioni, sotto mio suggerimento, voleva mettere mano a questo castello, investendo capitali propri. Provammo a contattare, sia la famiglia Nardis che il comune di Ocre. Mentre negli eredi Nardis ci fu la piena collaborazione e disponibilità, al comune di Ocre trovammo un muro di gomma a cominciare dal sindaco di allora. Oggi c’è un’altra amministrazione, già contattata dopo un mese dall’insediamento, ma a tutt’oggi nulla è cambiato. Come avviene da qualche decennio, le amministrazioni comunali, specialmente quelle dei piccoli paesi, non portano avanti progetti lungimiranti a beneficio dei nostri figli quant’anche per i nostri nipoti, si “attivano” solo per qualche piccolo consenso elettorale per proiettarli alla elezione del quinquennio successivo. Oggi, come non mai, abbiamo il dovere di consegnare queste “comodità” alle generazioni che verranno, è l’impegno che una amministrazione pubblica deve assumersi, cioè la responsabilità di custodire e salvaguardare la “casa comune”. E’ la sola cosa che abbiamo. E qui, mi viene in mente la famosa similitudine del contadino e il montanaro: “Castagni e ulivi hanno la stessa anima. E’ l’anima lungimirante dei montanari e dei contadini che li hanno piantati ben sapendo che non ne avrebbero goduto i frutti. Né loro né i loro figli. Solo la terza generazione, quella dei nipoti, avrebbe avuto in dono la spremitura d’oro delle olive o la ben più povera farina di castagne. Eppure li hanno piantati, hanno saputo guardare avanti”.
Facciamo l’esempio della Scozia dove ci sono castelli meno importanti dei nostri, solo per parlare di quelli situati nel comune dell’Aquila; laddove sono una risorsa straordinaria, per noi rappresentano una gestione scellerata del territorio e soprattutto una incapacità amministrativa del nostro patrimonio storico, artistico e culturale.
Da parte del Comune di Ocre c’è stata sempre una supponenza e indifferenza davanti a questo bene che tutti ci invidierebbero, sia per la posizione in cui è stato costruito, che per il valore storico che riveste. Sarebbe necessario ricostruirlo in primis solo nelle murature perimetrali ed inserirlo in percorso turistico che comprende il Monastero Fortezza di Santo Spirito d’Ocre, il Convento di Sant’Angelo, la chiesa di Santa Maria ad Cryptas, la città di Aveja con il suo Acquedotto Romano, la Necropoli di Fossa, e la discreta chiesa di San Clemente. Già riportarlo allo stato ante-sisma sarebbe sufficiente, magari ricostruendo solo qualche ambiente a scopo didattico ed inserirlo in un progetto più ampio affidandolo all’Università dell’Aquila, come è successo in passato per gli scavi al villaggio Normanno condotti dal prof. Fabio Redi. Tra l’altro, tutta la zona è già attraversata da una capillare rete sentieristica con differenti livelli di difficoltà e servita da piccole sorgenti di acqua che assicurano un sano ristoro e rinfrancano lo spirito.
Nel 1626 Andrea Bonanni acquista il feudo di Ocre, successivamente passa a Giovanni ed in seguito a Cesidio che l’11 novembre 1858, con regio decreto del re Ferdinando II, ottenne il titolo trasmissibile di barone di Ocre. La famiglia Bonanni è stata proprietaria del Borgo Fortificato (Castello) fino agli anni settanta quando lo vendette a Fulvio Nardis, funzionario della Soprintendenza di Milano, tutt’ora proprietario.
(Castello d’Ocre foto Semi sotto la pietra -immagine capovolta- )
(La Bifora Monumentale crollata a seguito del sisma del 2009)
Cosa dire!
Fa male vedere l’abbandono di un patrimonio tanto esteso quanto importante per la città di L’Aquila. Molti castelli, protagonisti della sua fondazione, stanno sparendo quando invece potrebbero rappresentare un importante itinerario storico/culturale sulle origini della città e della sua formazione. Un avvincente percorso paesaggistico tra le bellezze montane del nostro territorio, completamente privo di valorizzazione.
Ottimo articolo che, purtroppo, lascia l’amaro in bocca per come si sta, neanche troppo lentamente, disgregando l’intero sito
MIO CARO ANDREA SONO IL NIPOTE LONTANO DI QUEL BARONE BONANNI CHE POI HA VENDUTO AD ALTRI IL BELLISSIMO CASTELLO.
FINO A CHE IL SUD ITALIA E’ PILOTATA DAGLI EBREI DEL NORD ITALIA IL SUD ITALIA RESTERA’ SEMPRE INDIETRO NEL TEMPO.
SE VOGLIAMO RIMETTERE LE ALI AL SUD ITALIA E’ DIVIDERE NORD & SUD ITALIA .