Un’altra opera di captazione delle acque potabili fu realizzata negli anni ’60, sotto la famosa “Lamata” (“la Lamata” residui rocciosi particolarmente bianchi, rivenienti da crolli, da spacchi e da erosioni eoliche). Trattandosi di una sorgente con una esigua quantità di acqua irrorava semplicemente le minute contrade di “Le Chiuse” e quella di “Cerro”. Anche questo piccolo acquedotto è stato dismesso in concomitanza dell’arrivo dell’acqua della “Ferriera”.
(La porta dell’acquedotto di Fossa)
(l’interno dell’acquedotto)
(L’eremo dall’interno)
(Il nuovo eremo dentro lo sfasciume della Lamata)
Ecco la “Lamata” è un’alta roccia residua da cave di rena (che una volta, da Fossa, si andava a prendere lì!) da erosioni atmosfere e da disfacimenti di vario genere, fortemente fessurata, dalle cui piazzole di sommità si spazia, con l’occhio, sull’intera pianura sottostante e su tutta la catena del Gran Sasso, mentre dal lato Nord la bella veduta dell’imponente dorsale dei Monti di Bagno.
Nell’effettuare queste esplorazioni, a volte, si ha la fortuna di scoprire nuovi luoghi di preghiera come l’eremo dentro la “Lamata”. Di questo, però, ne parleremo più avanti…